PALERMO. Gli servivano i soldi per vivere, era in grosse difficoltà economiche. Ma quelle somme richieste ai parenti dei detenuti erano solo un favore, nulla di correlato alle informazioni che forniva. Si è difeso così Claudio Gangi, dipendente del Tribunale di Sorveglianza, arrestato ieri.
L’uomo, che è stato interrogato dal gip e dal pm Francesca Mazzocco, ha voluto rispondere alle domande dei magistrati. Gangi è accusato di induzione indebita a dare o promettere utilità. Secondo l’accusa era in grado di passare notizie sullo stato delle "pratiche" che riguardavano i detenuti: istanze di scarcerazione, richieste di libertà vigilata, affidamenti in prova ai servizi sociali. L’uomo chiedeva dai 50 ai 100 euro.
L’indagato si è però difeso dicendo di aver agito in buona fede e non per denaro. Le donazioni sarebbero state indipendenti dai suoi presunti favori. Nelle carte della Procura però ci sono diversi casi che sembrano inchiodare Gangi.
C’è la sorella di un detenuto originario di Altofonte che chiedeva notizie sul permesso che il fratello attendeva per il mese di settembre 2015; i genitori di un rapinatore arrestato nell'ottobre dello stesso anno speravano di ottenere aggiornamenti sulla richiesta di concessione degli arresti domiciliari.
Un altro si infirmava sulle sorti di “mio cugino Tonino”. E Gangi accedeva al sistema informatico del Tribunale in cui sono registrare le pratiche e acquisiva le informazioni: “... aspetta un minuto... ora vediamo... va be no niente ancora è messa qua, no niente, è iscritta, hanno scritto giorno ventiquattro agosto”.
Altre volte accedeva nel sistema informatico dalle postazioni di ignari colleghi: “In più non posso entrare nel sistema... lo posso fare in altre postazioni in altri uffici in altri colleghi dove andare a vedere la verità".
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