PALERMO. «Ci è chiaro il tentativo di levarci politicamente di mezzo per avere campo libero, attraverso una montatura ben organizzata, che salvo ripensamento del Gup i magistrati avranno modo di smascherare nel processo penale».
Lo affermano i deputati Riccardo Nuti, Giulia Di Vita e Claudia Mannino, indagati assieme ad altri 11 esponenti M5s per i quali la Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta sulle firme false.
In una nota, i tre deputati, sospesi dai probiviri dei 5stelle dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia, scrivono: «Apprendiamo dalla stampa della richiesta di rinviarci a giudizio nel procedimento penale sulle firme per le ultime comunali di Palermo».
E aggiungono: «Attenderemo la notificazione della richiesta, poi a Roma terremo una conferenza stampa in cui racconteremo che cosa abbiamo detto ai magistrati e le novità di peso che abbiamo fatto emergere nell’interrogatorio sostenuto di recente».
«Fino ad oggi - continuano i deputati - abbiamo subito in silenzio menzogne e insinuazioni, sia sulla scelta di sottoporci a interrogatorio una volta apprese le accuse a nostro carico, sia sulla scelta di rilasciare il saggio grafico in un secondo tempo. Le tesi accusatorie - chiariscono i deputati - si fondano sulle testimonianze di Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio, le quali, avendone già dimostrato l’inattendibilità per marcate incongruenze, dovranno reggere nel processo. Abbiamo fiducia nella Giustizia - concludono Nuti, Di Vita e Mannino - e siamo certi di poter provare la nostra innocenza e i nostri tentativi di contrastare assalti mirati al gruppo politico palermitano. A riguardo daremo i particolari nella conferenza stampa dei prossimi giorni».
Oltre a Riccardo Nuti,rischiano un processo le deputate Giulia Di Vita e Claudia Mannino, l’attivista all’epoca candidata Samantha Busalacchi, poi Pietro Salvino (marito di Claudia Mannino) e Riccardo Ricciardi (marito della deputata Loredana Lupo, che non è coinvolta nel caso).
Indagata anche la deputata regionale Claudia La Rocca, che sin dall’inizio dell’inchiesta ha accettato di collaborare con la procura di Palermo svelando tutti i retroscena di quella notte del 3 aprile 2012; ha collaborato anche il deputato regionale Giorgio Ciaccio, pure lui nella lista degli indagati.
Si profila un processo pure per altri tre candidati del 2012, Giuseppe Ippolito, Stefano Paradiso, Toni Ferrara (ex candidato al consiglio comunale che ha raccolto 70 voti) e Alice Pantaleone, poi per l’avvocato Francesco Menallo, ex militante M5S, e per il cancelliere Giovanni Scarpello, che attestò l’autenticità delle firme.
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