PALERMO. Pacchi di pasta, soldi, feste di quartiere, promesse. Per la sua campagna elettorale alle comunali di Palermo del 2012 Giuseppe Bevilacqua, personaggio centrale dell'inchiesta che coinvolse due deputati regionali, un ex deputato e un finanziere, avrebbe utilizzato tutti i metodi possibili.
Ma l'impresa è sfuggita per un pugno di voti e così avrebbe cercato di sfruttare questo "tesoretto" per ottenere favori da altri politici. Una spirale di favori che ha portato all’indagine per corruzione elettorale di Nino Dina, presidente della Commissione Bilancio dell'Assemblea regionale, Roberto Clemente, eletto nelle liste del Pid, e l'ex deputato di Grande Sud Franco Mineo.
Questa mattina il gup ha accettato il patteggiamento di cinque imputati tra i quali Leonardo Gambino, il finanziere che avrebbe controllato, per conto di Bevilacqua, in cambio di un lavoro per un amico, se questi fosse indagato. L'aspirante consigliere, infatti, era preoccupato di essere tenuto sotto controllo. Ma le verifiche fatte dal finanziere, accusato di rivelazione di segreto istruttorio, non hanno dato risultati e Bevilacqua si era tranquillizzato. Gambino ha patteggiato la pena di sei mesi, così come Angelo Guercio e Michele Giovanni Scannaliato. Dieci mesi per Giuseppe Monteleone. Un anno, invece, la pena patteggiata Calogero Di Stefano che a Tommaso Natale avrebbe fatto avere a Bevilacqua 770 voti nel 2007. "Il numero uno dei voti è lui", dice Bevilacqua al suo interlocutore in un'intercettazione.
Il gup Fabrizio Molinari a dicembre aveva rinviato a giudizio per corruzione elettorale Dina e Mineo. Roberto Clemente ha scelto il rito abbreviato e per lui sono stati chiesti tre anni di reclusione. Il processo comincerà il 20 marzo davanti alla quinta sezione del Tribunale di Palermo, mentre l’abbreviato è stato rinviato al primo giugno.
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