PALERMO. Dopo il suicidio del marito Carlo Gregoli in carcere, Adele Velardo è rimasta l'unica indagata per l'omicido di Vincenzo Bontà e Giuseppe Vela, uccisi a Villagrazia di Palermo il 3 marzo scorso. Adesso è stata rinviata a giudizio e il processo comincerà il 10 aprile davanti alla seconda sezione della corte d'assise di Palermo.
L'accusa ipotizzata dal pm Claudio Camilleri è di omicidio volontario premeditato. La donna, che si è sempre dichiarata innocente, è caduta nello sconforto dopo il suicidio del marito. Proprio a causa della depressione, a dicembre il gip Lorenzo Jannelli le ha concesso gli arresti domiciliari dopo 9 mesi di detenzione in carcere. A chiedere la sostituzione della misura cautelare sono stati gli avvocati della donna, Marco Clementi e Paolo Grillo.
Secondo la ricostruzione degli investigatori della squadra mobile avrebbero ucciso Vincenzo Bontà, proprietario del terreno di fronte alla loro villa, insieme al bracciante Giuseppe Vela, per un presunto furto d’acqua anche se il movente non è chiaro. Il delitto si consumò in strada, in via Falsomiele, proprio a pochi passi dalla villa dei Gregoli.
La coppia in casa aveva diverse armi. A portare gli inquirenti, inizialmente indirizzati sull'omicidio mafioso visto che Bontà era genero di un noto capomafia, Giovanni Bontade, alla coppia di insospettabili furono le immagini di una telecamera piazzata nella zona del delitto e le rivelazioni di un testimone oculare. Un ignaro passante che ha prima udito le esplosioni, poi dallo specchietto retrovisore dell'auto su cui viaggiava ha assistito alla fase finale del delitto: quella in cui Gregoli avrebbe sparato alla nuca a Bontà, già ferito e inerme a terra. Dalle analisi, effettuate dalla squadra mobile di Palermo diretta da Rodolfo Ruperti, è emerso che su un bossolo trovato a terra c'era il dna di Gregoli.
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