PALERMO. Era fuggita dalla miseria del suo paese finendo però nelle mani di una spietata banda di connazionali che avrebbero tentato a costringerla a prostituirsi, minacciandola con riti “voodoo” e segregandola in una stanza per più di 48 ore.
E' la storia, l'ennesima, di una ragazza nigeriana arrivata in Sicilia. Una storia da cui è partita una indagine della polizia che ha portato adesso all'arresto di tre connazionale della giovane: Juliet Matthew, 27 anni, Precius Matthew, 28 anni, e Daniel Eguavon, di 26 anni.
Gli agenti della Squadra mobile di Palermo, diretta da Rodolfo Ruperti, con i colleghi di Trapani e del commissariato di Castelvetrano, hanno posto fine all’incubo vissuto dalla ragazza in arrivo dall'Africa.
Durante la sua prigionia la donna, attraverso un cellulare, era riuscita a contattare l’Organizzazione internazionale per le migrazioni che, a sua volta, si è messa in contatto con gli uffici della Mobile di Palermo. I poliziotti, con un azione coordinata tra le questure del capoluogo e di Trapani, sono riusciti ad individuare il luogo di prigionia della ragazza, alla periferia di Castelvetrano, hanno fatto irruzione nell’appartamento, salvandola e fermando i tre aguzzini: due donne ed un uomo.
La vittima, una volta soccorsa, ha raccontato agli agenti i particolari della sua odissea per raggiungere l'Italia, iniziata circa tre mesi fa e scandita da stenti, privazioni, viaggi estenuanti e minacce: spinta dal desiderio di una vita migliore per se e per il figlio si era rivolta, nel suo Paese, ad alcuni connazionali che le avevano presentato un uomo, il quale avrebbe provveduto ad organizzarle il viaggio per l'Europa.
Da qui il calvario: per assicurarsi il prezzo del viaggio, di circa 30.000 euro, l’uomo non avrebbe esitato a sottoporre la giovane donna, ad un inquietante rito “voodoo” terrorizzandola sulle conseguenze terribili alle quali sarebbe andata incontro se non avesse pagato la somma stabilita.
Successivamente la donna fu trasferita in auto a Benin City ed affidata ad altri per proseguire il viaggio, di circa un mese, attraverso il deserto del Niger. Da qui raggiunse la Libia per poi, a bordo di un “barcone”, intraprendere il viaggio in mare, approdando a Pozzallo lo scorso 24 ottobre.
Dopo lo sbarco la donna è stata accompagnata dalle autorità italiane presso una struttura di accoglienza di Padova ma poco dopo si mise in contatto con i suoi referenti nigeriani in Italia, i quali hanno provveduto a farle raggiungere, attraverso diverse tappe, Castelvetrano, dove ad attenderla c’era Precius Matthew, figlia dell’uomo che nel suo Paese l’aveva sottoposta al rito voodoo.
Precius con la complicità della sorella Juliete e di Daniel Eguavon, avrebbe messo la donna davanti alla cruda realtà: per onorare il suo debito di 30 mila euro si sarebbe dovuta prostituire. Al suo rifiuto, i tre sono passati alle vie di fatto, rinchiudendola in una stanza senza viveri per un giorno intero.
Ma la giovane vittima, non si è persa d’animo: nascondeva addosso un telefono cellulare, sfuggito agli aguzzini, con cui è riuscita a chiedere aiuto all’Oim.
Gli investigatori, attraverso sistemi di localizzazione e sulla scorta della descrizione fornita al telefono dalla donna sul panorama che scorgeva dalla sua prigione, sono riusciti ad individuare il luogo in cui veniva tenuta prigioniera e a salvarla, fermando i tre.
All’interno dell’appartamento sono stati ritrovati quattro telefoni cellulari, alcune scatole di profilattici e cinque feticci di varie forme (un corno, un lucchetto, un oggetto di legno con materiale pilifero, una bustina contenente peli verosimilmente di pube e un osso di noce di cola) tutti utilizzati per i riti voodoo.
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