PALERMO. «Non ho mai riconosciuto con assoluta certezza, negli album fotografici che mi hanno mostrato i pm, il signor Franco, l'uomo che faceva da tramite tra mio padre e le istituzioni». Riprende dal misterioso signor Franco, 007 da anni nei racconti di Massimo Ciancimino, l'esame del figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo al processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia.
L'esponente dei Servizi, che sarebbe stato a conoscenza dei rapporti tra Vito Ciancimino e boss come Bernardo Provenzano, sarebbe stato più volte negli anni contattato da Massimo Ciancimino. «Avevo uno o due numeri del suo cellulare registrati sulla sim. Quando mio padre era vivo era lui a darmi il numero e io lo chiamavo da diverse cabine telefoniche. Il prefisso era di Roma.
Poi, dopo la morte di mio padre, - ha aggiunto - io usavo l'utenza intestata a un mio amico». Ma quando, nel 2006, a Ciancimino, allora indagato per riciclaggio, vennero sequestrati i cellulari la sim coi numeri del signor Franco sparì. «Al momento della restituzione del cellulare in cui era inserita ha raccontato - non la trovammo più».
"Con Falcone rapporto affettuoso". "Tra me e Falcone si era creato un rapporto affettuoso - ha detto Ciancimino in aula -. Ha sempre trovato tempo per ricevermi e aveva manifestato un'apertura nei miei confronti. Ho cercato di fare collaborare mio padre con la giustizia perché Falcone aveva mostrato interesse alla cosa e avevo capito che era disposto a stralciare la posizione di mio padre dal maxiprocesso. Poi, però, mio padre si tirò indietro e non se ne fece nulla".
"Per mio padre Riina era un animale". "Mio padre considerava Riina un animale che non capiva che, alzando il livello come aveva fatto con l'omicidio Lima, ci sarebbero state ritorsioni da parte delle istituzioni. Era preoccupato perché in quel momento la gestione del potere era in mano a Riina visto che Provenzano voleva defilarsi e sapeva che quell'omicidio era il primo di una serie e che nella lista di Riina c'erano politici e magistrati". Ciancimino ha anche sostenuto di avere organizzato il 27 marzo del 1992, un incontro, presso uno studio dentistico di Palermo, tra il padre e Provenzano, dopo il delitto Lima, per intercedere per i due amici dell'eurodeputato, con lui durante l'agguato, che temevano per la loro incolumità.
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