PALERMO. Prevedibile no di certo, probabile quasi. Ma sorprendente no. Sono questi, quando si parla di terremoti, i tre aggettivi che scendono in campo perché naturalmente la gente vuole sapere se dopo la scossa di ieri mattina può dormire tranquilla oppure no.
Dice il professore Giuseppe Giunta, ordinario di geologia strutturale e coordinatore di un progetto dell'Università di Palermo sui rischi naturali in America Latina: «Quando si parla di terremoti si ragiona sempre in termini probabilistici in relazione alle zone a rischio ormai già individuate da tempo. Oltre non si può andare malgrado gli enormi passi avanti che sono stati fatti nel campo della ricerca sulle origini dei terremoti e sui loro effetti diretti e indiretti sul territorio».
Professore Giunta, la zona del sismo era nota come a rischio?
«L'evento registrato rientra perfettamente nella sismicità di quell'area. Si tratta di una zona sismogenica, cioè capace di generare terremoti. Tutto ciò è provocato dall'alto grado di fratturazione della crosta terrestre siciliana e del basso Tirreno. L'Isola è circondata e interessata da decine di faglie attive che rilasciano l'energia accumulata dagli sforzi tettonici, effetto della pressione di masse rocciose che, diciamo così, si muovono una contro l'altra. La magnitudo è stata tra 4 e 4,2 gradi della scala Richter e l'ipocentro è stato individuato a 5 chilometri di profondità a circa 30 chilometri a Nord Est di Palermo. Cioè un po' più a Sud dello sciame sismico del settembre 2002 che però fece registrare una magnitudo di 5,5. Vuol dire un'energia circa quaranta volte maggiore di quella di oggi (ieri per chi legge ndr). La scossa ha avuto una replica alle 11,15 e si è verificata alla stessa profondità ma con una magnitudo molto più bassa, 3,1».
DAL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA. PER LEGGERE TUTTO ACQUISTA IL QUOTIDIANO O SCARICA LA VERSIONE DIGITALE
Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.
Caricamento commenti
Commenta la notizia