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Cassazione: "Mafia, illegittimo il maxi-sequestro ai Rappa»

Nel mirino un patrimonio da 800 milioni. Per i supremi giudici i nipoti non sono eredi del nonno e i figli del capostipite gli sono succeduti soltanto in parte

PALERMO. È un sequestro da 800 milioni, al centro dei veleni nati attorno alla sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo. Ed è un sequestro che ieri sera la sesta sezione della Cassazione ha dichiarato illegittimo: riguarda il patrimonio della famiglia Rappa, costruttori, imprenditori televisivi e titolari di numerosissime attività, fra cui quella di una serie di concessionarie di auto.

I Rappa non sono tecnicamente (se non in minima parte) «eredi» di colui che sarebbe stato il «prevenuto», il capostipite della generazione di imprenditori, Vincenzo Rappa, condannato per mafia e morto nel 2009. Per questo i suoi figli e i suoi nipoti non potevano essere sottoposti alla misura di prevenzione, decisa in due riprese, tra la primavera e l’autunno del 2014.

I beni non vengono materialmente sbloccati, proprio perché sottoposti alla seconda misura, in cui il presupposto è diverso (i soggetti «socialmente pericolosi» sarebbero direttamente i figli e i nipoti di Vincenzo Rappa), ma per la difesa è comunque un punto importantissimo, perché il principio stabilito dalla Suprema Corte potrebbe travolgere anche il secondo provvedimento.

Le due decisioni erano state adottate dal collegio presieduto da Silvana Saguto, il giudice sotto inchiesta a Caltanissetta (assieme ad altri colleghi della sezione, a propri familiari, altri magistrati, amministratori e coadiutori giudiziari), sospesa dalle funzioni e dallo stipendio dal mese scorso. I giudici romani hanno accolto le tesi degli avvocati Raffaele Bonsignore, Salvino Mondello, Giuseppe Oddo, Giovanni Di Benedetto, Alberto Stagno d’Alcontres e Simone Lonati.

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