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Morta per dose eccessiva di chemio, 5 condanne

La vicenda nasce dall'inchiesta sulla morte della paziente, malata di linfoma di Hodgkin, alla quale fu iniettata per sbaglio una dose di un farmaco chemioterapico dieci volte superiore a quella necessaria che si rivelò letale

Valeria Lembo

PALERMO. Cinque condanne, tra medici e infermieri, per la morte di Valeria Lembo, la donna uccisa nel 2011 a Palermo da una dose eccessiva di un farmaco chemioterapico.

Il giudice monocratico Claudia Rosini ha condannato a 4 anni e sei mesi, per omicidio colposo, l'ex primario  di Oncologia del Policlinico Sergio Palmeri e a sette la collega Laura Di Noto accusata, oltre che di omicidio colposo, anche di falso; a sei anni e mezzo lo specializzando Alberto Bongiovanni, anche lui accusato di omicidio colposo e falso.

Quattro anni ciascuna alle infermiere professionali Clotilde Guarnaccia e Elena D'Emma, accusate di omicidio colposo. Assolto lo studente universitario Gioacchino Mancuso.

La vicenda nasce dall'inchiesta sulla morte della paziente, malata di linfoma di Hodgkin, alla quale fu iniettata per sbaglio una dose di un farmaco chemioterapico dieci volte superiore a quella necessaria che si rivelò letale.

Sono scoppiati in un pianto liberatorio i parenti di Valeria Lembo. Il giudice monocratico ha condannato medici e infermieri per l'errore. "La giustizia funziona - ha detto la madre, Maria Rosa D'Amico - Mia figlia ha avuto giustizia. Sono contenta per lei e per suo figlio. Speriamo che questo serva per evitare che episodi simili accadano anche in futuro". "Giustizia è fatta", dicono gli zii e i cugini. "Niente può restituirci Valeria - ha detto la zia Anna Maria D'Amico - però oggi abbiamo avuto almeno giustizia, con un giudice che è andato oltre le richieste dei magistrati, dando il massimo della pena".

Il giudice ha inflitto l'interdizione dall'esercizio della professione agli imputati per una durata pari alla condanna. Ha inoltre stabilito una provvisionale immediatamente esecutiva di un milione di euro per il marito Tiziano Fiordilino, 400 mila euro ciascuno ai genitori della donna, 80 mila euro alla zia Anna Maria D'Amico.

Valeria Lembo è morta il 29 dicembre 2011. Tre settimane prima, il 7 dicembre, al posto di nove milligrammi di vinblastina, una molecola chemioterapica usata per combattere il morbo di Hodgkin, gliene furono somministrati 90.

Durante il processo, ogni imputato si è difeso scaricando la resposabilità sugli altri. Laura Di Noto, il medico che ha avuto la pena più alta, aveva portato anche al processo l'intercettazione di una conversazione avuta con il primario subito dopo la morte della ragazza. E' emerso che il numero sbagliato (90 al posto di 9) fu scritto dallo specializzando Alberto Bongiovanni, per sua stessa ammissione, e poi controfirmato da Di Noto e Palmeri in cartella. Ma poi l'errore fu corretto a mano, per questo Di Noto e Bongiovanni sono stati condannati anche per falso.

"Sono felice perché il giudice ha dato condanne che fanno in parte giustizia, riconoscendo le responsabilità di chi ha sbagliato. La nostra tragedia rimane la stessa. Sono contento però dell'interdizione dalla professione che il giudice ha voluto riconoscere perché questo può impedire che succedano le stesse cose in futuro". Così Tiziano Fiordilino, marito di Valeria Lembo. "Mi chiede sempre della mamma - ha detto -. Ovviamente non sa nulla del processo. Ogni volta che c'è stata un'udienza, gli abbiamo detto che andavamo dal dentista. Un giorno gli spiegherò la verità".

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