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Beni sequestrati alla mafia, indagine del Csm sui giudici di Palermo coinvolti

Sul caso è stato aperto un fascicolo, di cui si occuperà la Prima Commissione, competente sui trasferimenti per incompatibilità ambientale e funzionale dei giudici.

ROMA. Come ai vecchi tempi, quando i veleni scorrevano a fiumi, il Csm apre un nuovo «caso Palermo». Stavolta non sono i tradimenti, le calunnie e le ostilità ambientali a far muovere il Consiglio superiore della magistratura, ma la storia oscura di favori e amicizie che sarebbero fioriti attorno all'ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale, Silvana Saguto.

Al suo nome è intestato il fascicolo aperto dalla prima sezione del Csm, competente per i casi di incompatibilità ambientale e funzionale dei giudici. Ma di nomi, tra le carte inviate dai magistrati di Caltanissetta, ce ne sono altri. E cioè quelli di Tommaso Virga, che del Csm è stato fino all'anno scorso componente togato, del pm Dario Scaletta e del giudice Lorenzo Chiaromonte. Ognuno con una propria posizione ma tutti riuniti dentro la rete degli «amici» dell'ex presidente Saguto che assegnava, anzi, dicono i pm di Caltanissetta, scambiava incarichi di amministratore giudiziario di beni sequestrati o confiscati con consulenze per il marito e vantaggi personali per il figlio. Con il padre occupato in compiti collaterali di autoriciclaggio (un capitolo ancora tutto da scrivere). Scaletta, componente della Direzione distrettuale antimafia impegnato in una serie di indagini sui tesori di mafia, è indagato per rivelazione di notizie riservate. Sarebbe stato lui a informare Silvana Saguto delle indagini nei suoi confronti nate da esposti, denunce, polemiche su assegnazioni facili e parcelle d'oro per la solita cerchia di professionisti.

Lorenzo Chiaromonte, anche lui giudice della sezione misure di prevenzione, è indagato per abuso d'ufficio: non si sarebbe astenuto in occasione dell'incarico di amministratore di beni sequestrati a una persona a lui molto vicina.  La posizione dei due magistrati, collegata a quella di Saguto, è stata segnalata dal procuratore Sergio Lari al Csm per «le valutazioni di competenza».  Ma tra le carte della Procura nissena ricorre il nome di un altro magistrato, Fabio Licata, sia pure con una posizione molto defilata: potrebbe essere un semplice testimone della presunta rivelazione di informazioni riservate a Silvana Saguto. E c'è infine il caso di Tommaso Virga, che affiora dalle intercettazioni della Guardia di finanza, e del figlio Walter, amministratore dell'impero economico dei Rappa. Un altro caso di scambio di favori, sostengono i pm di Caltanissetta. Tommaso Virga nega di essersi mai interessato a vicende disciplinari nell'interesse di Saguto (caso che non esisterebbe) e si dice pronto a chiarire ogni cosa. Ma dopo avere avuto cognizione precisa delle contestazioni, visto che sostiene di non avere avuto finora alcun provvedimento.

L'indagine della prima commissione del Csm cercherà ora di illuminare le zone d'ombra di un caso non solo imbarazzante e grave, ma anche indicativo del groviglio di interessi fiorito attorno alla gestione degli incarichi di amministratore dei tesori dei boss. Il Csm si muoverà lungo il percorso tracciato dalle carte trasmesse dai pm di Caltanissetta.

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