PALERMO. Lo hanno richiamato in aula per ripercorrere la persecuzione mafiosa che ha subito: prima le botte, il tentativo di omicidio a martellate, poi gli insulti e le provocazioni per avere denunciato e non avere fatto marcia indietro.
Ma anche in aula uno degli imputati, Giovanni Buscemi, irride, commenta a voce alta, batte ironicamente le mani al commerciante che ha rischiato la vita per i 14 colpi di mazzuolo che gli sono stati inferti. E mentre il presidente della quinta sezione del tribunale, Piero Falcone, riprende energicamente Buscemi («Alla prossima, procediamo a porte chiuse e la allontano»).
Lui, il commerciante della Noce pestato, riconferma le accuse che hanno portato alla sbarra i suoi aggressori e che, alla fine di maggio, avevano provocato l’arresto anche di Calogero Di Majo, padre di due delle persone accusate di quell’episodio, che solo per un miracolo non finì in tragedia. Stalking aggravato dal metodo mafioso è l’accusa mossa a Di Majo senior e poiché viene rafforzato il contesto dell’aggressione, la «persona offesa» torna in tribunale su richiesta del pm Gianluca De Leo.
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