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Palermo, gettò la figlia nel cassonetto:
«Stavo male, non volevo ucciderla»

Parla Valentina Pilato, la donna accusata di aver gettato la neonata in un cassonetto: «Ero confusa e mi sono subito pentita, non so perché l’ho fatto»

PALERMO. È demoralizzata, anche perché era in cura ormai da 5 mesi e il suo arresto con l’accusa di omicidio premeditato, interrompe di fatto il suo percorso. Ieri mattina è stata anche interrogata dal gip Ettorina Contino, Valentina Pilato, 33 anni, la donna che il 23 novembre scorso gettò sua figlia appena nata in un cassonetto di via Di Giorgi. «Non volevo uccidere mia figlia, non so perché l’ho fatto... Ero confusa, stavo male», questa la spiegazione - se così può essere definita - che ha fornito al giudice, assistita dai suoi legali, gli avvocati Enrico Tignini e Dario Falzone. Si trova ora in isolamento in una cella del Pagliarelli ed è molto provata. Non si aspettava di essere arrestata dopo 5 mesi, avendo ammesso subito le sue responsabilità.

Per la Procura - l’inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto Claudio Corselli e dai sostituti Maurizio Bonaccorso e Francesco Guardì - Pilato, inizialmente accusata di infanticidio, avrebbe invece premeditato di uccidere la bimba, tenendo peraltro nascosta a tutti i suoi famigliari la gravidanza. Un’accusa che l’indagata ha respinto: «L’avrei cresciuta come gli altri miei tre figli... Non so perché l’ho fatto».

 

 

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