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Morì dopo la chemio a Palermo, la madre racconta il calvario della figlia

Valeria Lembo erra affetta dal morbo di Hodgkin, ipotesi overdose di vinblastina

PALERMO. Una virgola in meno o uno zero di troppo. Sarebbe stato un dettaglio a uccidere Valeria Lembo, la donna di 34 anni, morta il 29 dicembre del 2011 probabilmente per un'overdose di chemioterapici. Tre settimane prima, al posto di nove milligrammi di vinblastina, una molecola chemioterapica usata per combattere il morbo di Hodgkin, gliene sarebbero stati somministrati 90.

Il 7 dicembre del 2011 per Valeria Lembo inizia un vero e proprio calvario, raccontato oggi dai genitori e dalla zia davanti al tribunale monocratico che processa quattro medici e due infermieri del reparto di Oncologia medica del Policlinico, imputati a vario titolo per per omicidio colposo e falsificazione di cartella.

A processo sono andati Sergio Palmeri, allora primario del reparto, il medico Laura Di Noto, lo specializzando Alberto Bongiovanni, lo studente universitario Gioacchino Mancuso, l'infermiera professionale Clotilde Guarnaccia e l'infermiera Elena D'Emma. "Lo hanno capito subito di avere fatto un grosso errore - ha detto la madre della vittima, Rosa Maria D'Amico -. La dottoressa Di Noto, il pomeriggio dopo la dose letale di chemio, chiamò diverse volte prima a casa e poi al cellulare di Valeria, consigliandole di andare al pronto soccorso. Valeria si era subito resa conto che le avevano sbagliato la terapia''.

La donna ha continuato: ''Lo disse anche all'infermiera che le rispose: 'E' u stissu' (è lo stesso, ndr). Anche Palmeri sapeva. Quando mio genero e mio marito andarono a chiedere cosa era successo, il medico disse: 'Dopo trent'anni di onorata carriera... mi darei pugni in testa, tutto questo per una dose in più...'". Il figlio di Valeria, che aveva sette mesi quando la madre è morta, chiede sempre di lei. "Mi dice: nonna, prendiamo un razzo e andiamo a trovare la mamma. Mi manca", ha raccontato Rosa Maria D'Amico.

Qualche giorno dopo le braccia di Valeria erano rosso intenso. "Sembrava avesse dei guanti - ha proseguito la madre -, aveva le croste in viso. Andava continuamente in bagno. E poi cominciò a vaneggiare". Il 16 dicembre Valeria Lembo venne trasferita all'ospedale Cervello, dove si resero subito conto della gravità della situazione.

"Il dottore Bongiovanni - ha spiegato - chiamava ogni notte, per informarsi della sua condizione". Una storia straziante ripercorsa anche dal padre di Valeria, Carmelo Lembo, e dalla zia, Anna Maria D'Amico. Il processo è stato rinviato al 23 marzo per l'esame degli imputati.

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