PALERMO. Scarpe Nike bianche altezza caviglia, un giubbotto scuro, una felpa con cappuccio, un paio di jeans chiari. Questi i vestiti che indossava il ragazzino nella maledetta notte di venerdì 13 al Goa. Ha confessato di avere sferrato il calcio che ha ucciso il giovane medico Aldo Naro dentro la discoteca, ma nulla ha detto degli indumenti che aveva quella sera, mai più ritrovati dagli investigatori.
E non ha detto nemmeno, sostiene il giudice per i minorenni, con chi è arrivato, né con chi è andato via. Proprio questi due particolari vengono riportati nel provvedimento del magistrato che ha convalidato il fermo e disposto la custodia in carcere. La misura cautelare più severa, proprio perché secondo il giudice questi due dettagli fanno ipotizzare un pericolo di inquinamento probatorio e una eventuale reticenza da parte del ragazzo.
Che potrebbe sapere più di quanto ha detto, e coprire qualcuno rimasto ancora dietro le quinte. I vestiti spariti dove sono andati a finire? A casa sua non sono stati trovati durante le perquisizioni e lui non ne ha parlato. Ed i giovani che quella notte erano assieme a lui al Goa? Il minorenne ha detto di essere andato via da solo e non ha tirato in ballo nessuno. Di sicuro però era ben conosciuto nel locale, dato che il suo nome è stato fatto agli investigatori da diversi personaggi. I buttafuori ufficiali e quelli che avrebbero lavorato in nero, proprio come lui.
Giovanissimi dello Zen, chiamati a lavorare in nero non si sa bene da chi, finiti in una storia drammatica molto più grande di loro. Il minorenne nella lunga confessione ha detto di essere stato colpito quattro volte da alcuni ragazzi che si trovavano nello stesso privé in cui era Aldo Naro. Era intervenuto per sedare una rissa, ma chi sarebbero stati i partecipanti?
Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.
Caricamento commenti
Commenta la notizia