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La confessione-choc: familiare del boss
gestiva la squadra di buttafuori abusivi

Le parole del diciassettenne aprono nuovi scenari: minori al lavoro in nero nel locale che denunciò il racket. Il proprietario: “Viviamo un incubo”

PALERMO. La discoteca che denuncia il racket faceva lavorare buttafuori minorenni in nero. Il privè degli universitari di buona famiglia pieno zeppo di ubriachi violenti che si scatenano in una rissa. Il ruolo del giovane Militano, parente di Carmelo, il superboss dello Zen da anni in cella per mafia ed estorsioni, che gestiva la squadretta di body-guard abusivi. Questi gli inquietanti scenari aperti dalla confessione del ragazzino che ha ammesso di avere sferrato il calcio mortale ad Aldo Naro dentro la discoteca Goa, nella maledetta notte di venerdì 13. Le sue dichiarazioni sono al vaglio degli inquirenti e oggi il giovane, accusato di omicidio volontario, sarà ascoltato al tribunale per i minorenni dove si terrà la convalida del fermo.

Ha ammesso le sue responsabilità nell’omicidio e il suo racconto, fino ad ora, è stato valutato credibile dagli investigatori. Ma il resto? Tutti i particolari forniti durante l’interrogatorio durato oltre sei ore, sono veri? E perché il minorenne dovrebbe mentire su alcune cose e dire la verità su altre? Ecco cosa traspare dal suo racconto.

I buttafuori abusivi

È la prima cosa che ha detto il ragazzo davanti ai magistrati. Lui quella notte era lì soltanto per lavorare. Non era un cliente, non era imbucato. Faceva il buttafuori in nero per 40 euro e con lui c’erano altri tre ragazzi, tutti dello Zen. Intascavano le stesse tariffe, uno addirittura ne avrebbe presi 35. E non era nemmeno la prima volta. Anzi, era stato chiamato almeno in un altro paio di circostanze, quando era previsto un pienone nel locale. Tutto in nero, senza autorizzazione, né assicurazione, il massimo dell’illecito. Nella discoteca simbolo della legalità, sostenitrice di Addiopizzo.

Il titolare Marcello Barbaro in passato ha anche denunciato gli estorsori, adesso il ragazzino dice che nel suo locale lui ed altri giovanissimi dello Zen hanno lavorato fuori dalle regole. Barbaro ieri ha preferito non dire nulla, «parlerò solo tra qualche tempo quando non ci saranno più esigenze di riservatezza nell’indagine». Sostiene però di avere avuto diversi controlli e di essere sempre risultato in regola e per quanto riguarda i body-guard si è sempre rivolto ad un’agenzia privata. Dunque non saprebbe nulla di questi giovanissimi «impiegati».

Il boss Militano

Non solo c’erano i buttafuori abusivi, ma a reclutarli sarebbe stato il parente giovanissimo dello storico capomafia della borgata, fedelissimo dei Lo Piccolo. Un particolare che ha insospettito non poco gli inquirenti, ed è considerato anzi molto significativo in una realtà come Palermo. Quattro buffafuori, più Militano junior che farebbe da coordinatore, costerebbero sui 300 euro a serata. E se questi soldi fossero in realtà un pizzo mascherato, una tangente da versare ai capoccia della borgata per non avere problemi? Questa la domanda che si pongono gli inquirenti, dopo la confessione del minorenne. Già in un’altra indagine su una discoteca, quella volta era la «Dolce e Chic» di Ficarazzi, è emerso secondo l’accusa che proprio partendo dal servizio di guardiania, i malavitosi volevano arrivare al controllo del locale notturno. E proprio chi a tutti i costi voleva fare il buttafuori nel locale, organizzò risse e scazzottate per impaurire i clienti e mettere sotto pressione il titolare.

La rissa

La notte di carnevale al Goa si scatenò l’inferno. Il minorenne ha fornito la sua versione dei fatti che, anche in questo caso, mostra uno scenario inedito. La zuffa scoppia dentro un privé, un posto in teoria prenotato solo da comitive di clienti, tutti inseriti in una lista. Universitari, giovani professionisti, figli della cosiddetta «buona borghesia». Sono le 3,15, in quello spazio tutti erano ubriachi. «Avevano bevuto parecchio, non si capiva nulla», ha detto il ragazzino, che a suo dire entra nel privé per separare alcuni giovani. Ma è lui ad avere la peggio e, sostiene, riceve una scarica di legnate, per ultimo un calcio alla schiena. Ma chi lo prende a botte? La sua versione è che siano stati proprio gli amici della vittima, il giovane medico Aldo Naro, che avrebbero alzato il gomito parecchio durante la serata. Il calcio lo avrebbe sferrato proprio Naro, che però poi perde l’equilibrio ed a sua volta viene colpito dal giovanissimo buttafuori quando non può difendersi. Le cose stanno davvero così? Era lui da solo contro gli amici di Naro, oppure qualcun altro si è avvicinato, magari gli altri buttafuori abusivi, tutti dello Zen? Anche loro sono stati sentiti in questi giorni di frenetici interrogatori e dicono di non sapere nulla della rissa, loro sarebbero rimasti all’esterno a fare da «sentinelle» per evitare che qualcuno scavalcasse la recinzione. Un dato però è certo. Quando sarà contestato il reato di rissa, tutti i partecipanti dovranno essere individuati. Il nome del minorenne è stato fatto proprio da chi lo conosce bene, i buttafuori, non si capisce se quelli in regola o gli abusivi. Lui si consegna dopo tre giorni e confessa, quando la borgata è presidiata dai posti di blocco e nessuno fa più affari.

 

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