PALERMO. «Era il nostro orgoglio, un ragazzo straordinario. Era un dottore, studiava per realizzare i suoi sogni. Non mi interessa sapere chi ha fatto questo, non mi interessa, tanto nessuno ce lo ridarà indietro». La sua voce è un soffio, il suo sguardo devastato dal dolore, ma i suoi occhi sono determinati.
La madre di Aldo Naro, il ragazzo di 25 anni morto venerdì notte a Palermo in discoteca, non ha in mente nient'altro che piangere quel suo figlio che adesso non c'è più. Fuori dall'istituto di medicina legale del Policlinico, nel capoluogo, si è riversata tanta gente che ha voluto dare un ultimo saluto ad Aldo, tra l'incredulità per una tragedia che nessuno si aspettava e la rabbia di chi vuole sapere perché sia accaduto tutto questo.
La madre della vittima è un'insegnante in pensione, mentre il padre è un ufficiale dei carabinieri. Tutti si sono stretti intorno a loro, nell'impossibile tentativo di dare conforto. Si erano sentiti poco prima di quella tragica festa al Goa, come facevano sempre.
Una famiglia molto unita, tranquilla, conosciuta in tutta San Cataldo, molto vicina anche alla chiesa e all'azione cattolica. Aldo si era laureato in medicina cinque mesi fa, e adesso stava frequentando la specialistica. Viveva a Palermo insieme ad altri amici, come tanti studenti fuori sede. Era giovane, bello, amava la vita, la sua fidanzata e anche la Juventus, la sua squadra del cuore. Gli piaceva a volte andare a ballare, e venerdì sera, insieme alla sua ragazza e alla comitiva, era andato a quella festa, finita poi nel peggiore dei modi. «Aldo era un bravissimo ragazzo, una persona speciale, si dice spesso che qualcuno è un punto di riferimento, ma nel suo caso era così. Era davvero l'amico su cui potevi contare sempre», dice Peppe Milioto.
«Dai tempi di scuola abbiamo condiviso tutto: le gioie, le delusioni dello studio, bellissimi periodi di vacanza... Ci confidavamo quando ci fidanzavamo o ci lasciavamo con le ragazze. Il suo sogno era quello di diventare un cardiologo. Si era laureato con 110 e lode in Medicina. Un ragazzo intelligentissimo e studiava con impegno. Era un ragazzo di grande intelligenza, posso dirlo davvero... ne ho conosciute di persone intelligenti, ma non come lui, era veramente straordinario. Glielo avrei voluto dire più volte, quando potevo, ora vorrei solo parlargli ancora e ancora».
Un ragazzo che tutti descrivono calmo, pacato, tranquillo: «Chi ha detto che era aggressivo? - dice un altro amico -. Sono solo scemenze. Era andato con altri ragazzi di Caltanissetta a quella festa non certo per far baldoria, ma per divertirsi. Aveva venticinque anni d'altronde, era Carnevale. Faceva il suo dovere, rendeva orgogliosi non solo la famiglia ma anche tutti noi che gli eravamo vicini». Inevitabile qualche momento di tensione, di rabbia, davanti all’ospedale: il dolore, d'altronde, è troppo grande.
«Vogliamo capire come una serata di festa, di allegria, si sia potuta trasformare in tragedia - dice un altro -. Cercheremo di capire la verità anche tra di noi, anche tra chi era presente. Si dicono tante cose in questo momento, ci sono tante ipotesi, chi è qui è pronto a collaborare con chi di dovere, senza alcun problema. Per ora sappiamo solo che quella festa era organizzata da tempo e che era andato con altre persone di Caltanissetta. Di una cosa però siamo praticamente certi: Aldo non era tipo da provocare nessuno e far scoppiare una rissa».
Il rettore dell'Università di Palermo, Roberto Lagalla, esprime dolore e sgomento alla notizia della morte di Aldo. «Era stato uno studente modello dell'Ateneo - dice - aveva conseguito a ottobre la laurea in Medicina con il massimo dei voti, si stava già abilitando alla professione e si preparava ai prossimi esami per l'ingresso alla Scuola di specializzazione. Esprimo dolore al pensiero delle speranze spezzate di un giovane di valore, vicinanza alla famiglia e grande preoccupazione per quest'episodio che parla di un'assurda recrudescenza di violenza giovanile».
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