PALERMO. Salvare la Vucciria, rilanciarla, farla tornare seducente, associarla a un brand planetario; dare un’aura d’accoglienza a ciò che un tempo era un profumato, ricco, appetitoso e colorato formicaio umano. Rimettere in sesto, insomma, una vecchia signora abbattuta dagli anni e infestata dalla parsimonia dei tempi.
Se si mettono insieme un fotografo famoso, una creativa e un imprenditore del luogo forse la scommessa può essere vinta. Partendo dalla mossa più facile: portarvi gente. In una sorta di trekking culturale alla ricerca di vecchi volti e di leggende metropolitane, di locali che reggono solo nella memoria dei più vecchi, come la taverna «Schangaj», sì proprio con la “c”, che è ritornata esattamente com’era proprio a testimonianza del massaggio cardiaco che si vuole praticare al mercato morente.
Pucci Scafidi, Diana de Concini e Antonio Di Dio sono i tre moschettieri che hanno illustrato venerdì il progetto nel corso di una serata che si è trasformata in una festa. Con degustazioni, tarantelle in processione e balli e canti.
«Il degrado - dice il fotografo Pucci Scafidi - è la ragione principale della fuga dei palermitani dai mercati storici».
L’idea è di rivitalizzazione la Vucciria come centro commerciale naturale. Era presente anche Roberto Lagalla, rettore dell’ateneo palermitano a cui Renato Guttuso donò il noto quadro nel 1976: «È un’iniziativa che intende rilanciare insieme ai luoghi della città l’identità culturale, riannodando i fili del passato con le esigenze di rilancio del presente. L’università - conclude il rettore - guarda con ovvio interesse a un’operazione della quale pone a simbolo il dipinto della Vucciria». Scommette sull’idea anche l’imprenditore dell’autonoleggio Tommaso Dragotto. Proprio il quadro dell’artista bagherese dovrebbe avere un ruolo fondamentale nel rilancio del mercato attraverso il suo utilizzo, nelle varie declinazioni: dall’oggestistica minuta sino alla speranza più ambiziosa, ossia che Hermès, la famosa maison francese, possa usare la tela guttusiana per realizzare la stampa di uno dei suoi storici carré di seta, i foulard colorati che rappresentano pezzi inconfondibili della ditta. E non è un caso che alla Vucciria l’altro ieri ci fossero molti volti dello staff palermitano di Hermès.
Vucciria è un marchio famoso. Un nome evocativo dell’arte, luogo di socialità, balate bagnate d’acqua e storia e sangue, movida esasperata, teatro di destini, architettura sfavillante, muri cadenti, crocevia di ispirazioni, catena di commerci, estetica del degrado, crogiolo di abusivi, attrazione di turisti, seduzione di vicoli. L’antico mercato agonizza da tempo. Svuotato di mercanzie e di negozi, azzannato dalla crisi e dalle leggi in conflitto con le tradizioni, avaro di bancarelle e merce fresca, quello che fu un intreccio vitale di strade è diventato una farsa malmessa a uso dei turisti.
«Vogliamo invertire la tendenza - spiega Pucci Scafidi - trovando una grande banca disposta ad aiutarci per il recupero strutturale delle botteghe - conclude -, con un concorso di idee per giovani architetti. Anche i commercianti dovranno fare la loro parte, dovranno investire e imparare a fare impresa».
Spiega il fotografo che «il progetto è solo alla prima fase. Nasce dall’amore che proviamo per la nostra città. Invece di alzare bandiera bianca, abbiamo deciso di far rinascere il mercato naturale».
A corto raggio Scafidi dice che ci sono in cantiere anche borse di studio sulla Vucciria per tesi di laurea a tema. «Il tentativo è mantenere intatte le forme tradizionali del mercato con l’aggiunta di un tocco di modernità, come il marketing di impresa».
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