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Amianto alla Fincantieri di Palermo
La Cassazione conferma le condanne

Fin dal primo grado era stata liquidata una provvisionale di cinque milioni di euro di risarcimento

ROMA. Due giorni dopo la prescrizione del disastro ambientale per le migliaia di morti finora causati dall'amianto degli stabilimenti Eternit, la Cassazione conferma - invece - le condanne per omicidio colposo a carico di tre ex dirigenti dello stabilimento Fincantieri di Palermo, per la morte di 37 operai uccisi anche loro dalle polveri di asbesto e per la malattia sviluppata da altri 24 lavoratori.

Riprendono fiducia, con questo verdetto, le tante vittime del killer invisibile che uccide dopo decenni, le loro famiglie in attesa di giustizia, la moltitudine dei malati che toccherà il picco nel 2025. E anche l'Inail - l'istituto nazionale assicurativo per gli infortuni sul lavoro - riacquista piena legittimità a reclamare il risarcimento delle prestazioni economiche delle quali si fa carico per assistere economicamente chi è colpito da questo terribile tumore per il quale non c'è ancora una cura.

Nel processo Eternit, l'Inail era stato estromesso in appello dalla costituzione di parte civile. Nel procedimento che si è concluso stasera, l'istituto assicurativo si è visto invece confermare il diritto alla restituzione almeno di buona parte dei circa sette milioni di euro anticipati per le vittime di Fincantieri che dovrà provvedere a restituire le ingenti somme.

In particolare, la Quarta sezione penale della Cassazione ha sostanzialmente confermato il verdetto emesso dalla Corte di Appello di Palermo il sei novembre del 2012. Solo che nei tempi di definizione di questo processo - che è il filone principale delle inchieste sulle morti in Fincantieri - alcuni degli omicidi colposi contestati, quelli che risalgono al 1998-2000, si sono prescritti e di conseguenza le condanne inflitte ai tre imputati sono state ridotte.

I risarcimenti, però, sono stati confermati in favore di tutte le parti civili, compresi la Fiom, Legambiente, l'Associazione esposti all'amianto, dato che la prescrizione è intervenuta dopo la pronuncia di colpevolezza. In base a quanto ridefinito dalla Suprema Corte, la pena per  Luciano Lemetti è passata (da 4 anni e 2 mesi) a 3 anni e 6 mesi, per Giuseppe Cortesi (da 3 anni e 5 mesi) a 3 anni e 1 mese, e per Antonino Cipponeri (da 2 anni e 8 mesi) a 2 anni, 7 mesi e 10 giorni. In primo grado, conclusosi il 26 aprile del 2010, il giudice di Palermo Gianfranco Criscione aveva liquidato alle parti civili una provvisionale immediatamente esecutiva - mai pagata - di circa 5 milioni di euro, 4 milioni e 100mila dei quali per l'Inail.

Già in appello c'era stata una riduzione delle pene per la prescrizione delle accuse fino al 1997. «Piena soddisfazione» per il verdetto della Cassazione è stata espressa dall'Avvocato generale dell'Inail Giuseppe Vella. «È stata confermata la nostra linea processuale di sempre in base alla quale riteniamo che l'Inail, così come prevede la legislazione sul lavoro, ha il diritto ad essere indennizzata per quanto ha dato alle vittime e ai loro familiari in termini di sostegno economico come prevede la Costituzione», ha aggiunto Vella.

Adesso una causa civile stabilirà con quale cifra deve essere completamente risarcito l'Inail e le altre parti civili.  «Con questa decisione su Fincantieri, abbiamo ripreso fiducia dopo il momento di scoraggiamento per come si è concluso, l'altro ieri, il maxi-processo Eternit», ha ammesso Vella aggiungendo che il differente esito processuale di queste due vicende, dimostra che «certamente il processo penale ha le sue vicissitudini, ma c'è qualcosa che non va nel nostro ordinamento e sarebbe meglio correggere fin dall'inizio i processi che presentano criticità».

Apprezzamento è stato manifestato da Vella anche per il sostituto procuratore generale della Cassazione Giuseppina Fodaroni che nella sua requisitoria aveva chiesto la conferma delle condanne, al netto delle prescrizioni, e dei risarcimenti. Il collegio della Quarta sezione penale è stato presieduto da Giacomo Foti, dal consigliere relatore Umberto Massafra, e da Fausto Izzo, Francesco Maria Ciampi e Patrizia Piccialli. Durante il processo, gli operai della Fincantieri hanno raccontato che nello stabilimento di Palermo si lavorava senza mascherine e con aspiratori che non funzionavano. Le polveri di amianto raccolte sul pavimento, che dovevano essere smaltite con apposite cautele, venivano semplicemente spazzate come fossero innocui granelli di polvere. Mancava un servizio di lavaggio delle tute: le mogli degli operai le lavavano a casa.

Come faceva Calogera Gulino, anche lei morta di cancro pochi mesi dopo aver sepolto il marito Angelo Norfo.  «Questa sentenza dimostra che è urgente riformare la prescrizione: su 62 capi di imputazione, più della metà sono stati prescritti», ha sottolineato l'avvocato della Fiom di Palermo, Fabio Lanfranca, parte civile nel processo. «Per il resto la sentenza conferma i giudizi di primo e secondo grado: a Palermo, Fincantieri, che ha negato l'uso di amianto, ha violato sistematicamente per anni la normativa sulla sicurezza, senza informare i lavoratori nè dotare gli operai degli strumenti di protezione», ha spiegato il legale del sindacato dei metalmeccanici. Infine, ha fatto notare Lanfranca, «secondo i dati processuali, 1.750 lavoratori sono stati mandati in pensione con contributi statali dopo che per anni sono stati esposti all'amianto».

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