PALERMO. Il tribunale di sorveglianza risponde picche: niente servizi sociali per padre Paolo Turturro e ieri pomeriggio gli agenti della Squadra mobile sono andati a prendere il sacerdote condannato con l’accusa di pedofilia, per portarlo in carcere. L’ex parroco antimafia è stato condotto a Pagliarelli, dove sconterà i 3 anni che gli sono stati inflitti, con la sentenza che è divenuta definitiva e che fu emessa dalla terza sezione della Corte d’appello. Respinta così l’istanza presentata dai difensori, gli avvocati Ninni Reina e Vincenzo Gervasi, che avevano chiesto al collegio presieduto da Giancarlo Trizzino di mandare Turturro a lavorare con gli anziani. Ma i magistrati hanno ritenuto che non ce ne fossero le condizioni.
L’ex parroco è stato prelevato a Tumminia (Baucina), nella sede dell’associazione Dipingi la pace, da lui fondata nel periodo dell’impegno antimafia al Borgo, negli anni in cui, ad ogni festa dei Morti, padre Paolo organizzava il falò delle armi giocattolo, contro ogni forma di violenza. Un prete controverso, amato e odiato, sempre al centro della scena, spesso criticato per eccessi verbosi e anche per il racconto di storie difficili da riscontrare. Come quando — la notte di Natale del ’93 — disse, in una chiesa di Santa Lucia stracolma, di avere confessato uno degli stragisti di Capaci. Salvo poi trincerarsi dietro il segreto del confessionale, per una vicenda che non ebbe mai alcun riscontro giudiziario. Svolse attività a sostegno della legalità, in un quartiere ad altissimo rischio come il Borgo, denunciò minacce di morte e per alcuni anni visse sotto scorta.
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