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Mafia, operazione Zefiro: "Dai boss ordini e designazioni sui sostituti dal carcere"

I colloqui tra i capi del mandamento di Brancaccio e i familiari. "Impartivano le direttive e all'esterno i reggenti della cosca le eseguivano"

PALERMO. Ordini e designazioni sui sostituti. Tutto questo partiva dal carcere dai boss palermitani di Brancaccio. E' stato scoperto grazie alle intercettazioni svolte durante i colloqui tra detenuti come Cesare Carmelo Lupo e Giuseppe Arduino ed i loro familiari. Da questi colloqui sono saltati fuori i nomi dei fratelli Giuseppe e Natale Bruno. Così due anni fa sono scattate le indagini dell’operazione «Zefiro», sfociate nel blitz della scorsa settimana.

Ecco da dove sono partite le indagini dell'ultima inchiesta antimafia che ha portato a smantellare il mandamento di Brancaccio. In particolare, come si legge nell'edizione odierna del Giornale di Sicilia in edicola, i magistrati mettono la lente d'ingrandimento sulle "intercettazioni tratte dai colloqui sostenuti dagli indagati Cesare Lupo e Giuseppe Arduino, entrambi personaggi apicali della famiglia mafiosa di Brancaccio. Le acquisizioni carcerarie permettevano di apprendere, tra l'altro, che i due soggetti, anche se sottoposti a regime detentivo, riuscivano a veicolare le informazioni all'esterno del carcere attraverso familiari compiacenti".

I boss dunque impartivano ordini dalle celle ed all’esterno c’erano i reggenti della cosca che li eseguivano. «Così avveniva nel corso di due colloqui, ove, rispettivamente, prima Lupo e poi Arduino - si legge nel provvedimento -, impartivano, ai rispettivi congiunti, le direttive da far eseguire all'esterno del carcere ed indicavano nei due fratelli Natale e Giuseppe Bruno i due importanti soggetti cui recapitare le disposizioni».

«Si constatava come molti dei soggetti in libertà, e tra questi anche Maurizio Costa, che in precedenza erano soliti recarsi per i loro incontri riservati, presso la sala giochi Las Vegas dì via Sacco e Vanzetti, si erano spostati presso un nuovo sito distante soltanto poche centinaia di metri dalla sala - scrivono ancora i magistrati -. Il luogo in questione veniva individuato in una taverna in via Sacco e Vanzetti gestita dal pregiudicato Giovanni Inzerra. Lì venivano visti quotidianamente sostare e incontrarsi tra loro i citati fratelli Bruno, Costa ed altri soggetti ancora».

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