PALERMO. Biagio Conte è tornato un’altra volta a casa, assieme alla sua croce. Nessuna protesta questa volta, nessuna intenzione provocatoria, solo un ritorno della sua vocazione pellegrina accompagnata dal desiderio di testimoniare ed evangelizzare. In tanti la scorsa settimana si erano stupiti vedendolo abbracciare di nuovo la croce di legno e dirigersi con uno dei suoi fidatissimi verso Trapani a piedi. Smartphone e macchine fotografiche si erano scatenati per immortalare quella figura anacronistica del frate pellegrino, col saio verde e il capo coperto, attraversare le strade delle borgate palermitane e poi dei paesi della provincia. «Ho alcune comunità che mi aspettano», aveva detto il fondatore della missione Speranza e carità e si era messo in cammino, macinando un chilometro dopo l’altro, sotto il sole tiepido d’autunno e l’umidità e la pioggia della notte. Adesso è tornato e ha voglia di raccontare a tutti l’incredibile esperienza di «comunione, fratellanza e unità» che ha vissuto in questa settimana, sentimenti che fanno sperare e lo restituiscono alla sua missione con un rinnovato entusiasmo.
«Ho attraversato tanti quartieri di Palermo - racconta fratel Biagio -, fino a Sferracavallo, dove mi hanno accolto con grande affetto. Poi tutti i paesi che ho incontrato sulla costa, camminando lungo la strada statale: Capaci, Cinisi, Terrasini, Balestrate, Castellammare e poi verso Trapani, attraverso Valderice. Un’esperienza unica di solidarietà tra la gente che ho incontrato. Ho dormito davanti alle chiese, se arrivavo di sera quando in giro non c’era più nessuno, oppure ho chiesto ospitalità nelle parrocchie, in un salone, con un pezzo di cartone per dormire. Sono stato accolto con tanto amore e disponibilità. Il mio pellegrinaggio non è stato di protesta, ma di penitenza. È davvero impressionante quanta gente mi ha fermato per strada per sapere se avevo bisogno di qualcosa, persone di religioni diverse, anche atei. Abbiamo soccorso anche un cagnolino denutrito, un gatto. Il contatto con la natura è stato magnifico. Alla fine avevamo i piedi gonfi, ma eravamo pieni di speranza».
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