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Claudio Bisio a Palermo racconta il suo film sulla Shoah e si commuove: «Non si tratta di storia ma di presente»

L'attore e regista ospite al cinema De Seta nell’ambito della tre giorni de le Giornate del cinema per la scuola

«Grazie. Da sempre ci siamo posti il dilemma su quale potesse essere il miglior modo per spiegare la Shoah ai bambini: ecco, ci hai aiutato». Con queste parole Giuseppe Pierro, direttore dell'Ufficio scolastico Regionale per la Sicilia, ha concluso la presentazione del nuovo film di Claudio Bisio, "L’ultima volta che siamo stati bambini", arrivato anche nella sala del cinema De Seta di Palermo, all’interno dei Cantieri culturali della Zisa, nell’ambito della tre giorni de le Giornate del cinema per la scuola.

Alla presenza di insegnanti e dirigenti scolastici, l’attore porta la sua prima opera da regista, che descrive in perfetto equilibrio tra profondità e leggerezza attraverso lo sguardo innocente dei bambini gli avvenimenti storici della Shoah e 16 ottobre. Dopo la proiezione, seguita da una standing ovation, Bisio ha raccontato e dialogato con il pubblico, non senza qualche battuta per sdrammatizzare, raccontando il retroscena del film, commuovendosi e sottolineando come purtroppo «non si tratta di storia ma di presente - ha detto dal palco del cinema palermitano - questo film deriva da un libro di Fabio Bartolomei, che porta lo stesso titolo, scritto nel 2018. Prima dell’invasione dell’Ucraina. Poi, noi iniziamo a girare il film già ad aggressione avvenuta, e già li c’erano bambini coinvolti».

E si commuove per un aneddoto: «Ricordo che durante le riprese mi ha colpito una foto - racconta -: c’era questa bambina in una casa bombardata, affacciata a una finestra che teneva un lecca lecca in bocca e un fucile nelle mani. Poi non so se fosse un fake, ma lì ho pensato: questa potrebbe essere la locandina del nostro film».

Un film che con delicatezza racconta la storia di quattro bambini che giocano alla guerra mentre attorno esplodono le bombe del vero conflitto. Italo è il ricco figlio del Federale, Cosimo ha il papà al confino e una fame atavica, Vanda è orfana e credente, Riccardo viene da un’agiata famiglia ebrea. Sono diversi ma non lo sanno e tra loro nasce “la più grande amicizia del mondo”, impermeabile alle divisioni della storia che insanguina l’Europa. Per loro tutto è un gioco, combattono in cortile una fantasiosa guerra fatta di missioni avventurose ed eroismi, poi però fanno patti “di sputo” e non “di sangue” per paura di tagliarsi.

Quando il 16 ottobre, all’improvviso, Riccardo sparisce, insieme a oltre mille persone del Ghetto ebraico, è proprio per onorare quel patto che i tre decidono di intraprendere una missione: arrivare a piedi in Germania e riportare a casa il loro amico. L’incoscienza della loro età gli fa credere che basti solo seguire i binari del treno, ma non sanno che lungo quest’ultimi si trova una realtà molto diversa dalla fantasia: un’Italia stremata dalla guerra. E proprio sul giocare alla guerra, si sofferma Bisio: «Dicono cose terribili - sottolinea - quando con la fionda abbattono un manichino ed esclamano "oh, sembra un morto vero". Il film inizia così e poi quando vedono il morto vero...».

Sul palco è salito anche il direttore Giuseppe Pierro,  tra gli organizzatori delle Giornate del Cinema per la Scuola insieme al Miur e al ministero della Cultura, che ha anche ringraziato il regista per «averci regalato uno strumento importantissimo per spiegare ai più piccoli cosa è stata la Shoah».

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