«Non erano pronti entrambi, sono due anime che non si completano e che a un certo punto si sono dovute allontanare, ma tra loro esiste ancora attrazione e da qui un gioco, una danza. Comunque nel mio personaggio come in quello di Valentina Lodovini nessuna cattiveria, perfidia, ma casomai onestà». Così l’attore palermitano Francesco Scianna parla del suo personaggio di «uomo» in Conversazioni con altre donne, remake del film americano omonimo con soggetto e sceneggiatura firmati dalla scrittrice Gabrielle Zevin, bravissima nel raccontare le dinamiche amorose tra uomini e donne. E, soprattutto, bravissima nel descrivere il corteggiamento quando corrono parole, risate, attese, letture dei comportamenti dell’altro e dove alla fine non succede nulla, ma forse sta per succedere tutto.
È il caso di questa bella opera prima, in sala dal 31 agosto con Adler Entertainment, diretta da Filippo Conz con protagonisti Lodovini e Scianna (nella versione Usa c’erano Helena Bonham Carter ed Aaron Eckhart). Questa in estrema sintesi la storia: siamo a Tropea durante un matrimonio. Un «uomo» (Scianna) e una «donna» (Lodovini), entrambi quarantenni e divorziati, s’incontrano al matrimonio della sorella di lui e l’attrazione appare subito irresistibile. I due, si scoprirà poi, si erano già frequentati tempo prima, ma è come se facessero di nuovo conoscenza, ed è evidente che la chimica li spingerà inevitabilmente di nuovo l’uno nelle braccia dell’altra nonostante siano entrambi sentimentalmente impegnati.
«Lei in fondo - spiega ancora Scianna - rappresenta quell’amore che lui si porta dietro e che oggi lo completerebbe. La passione tra loro esiste ancora ma c’è anche paura, perché l’altro alla fine è cambiato, è cresciuto. C’è insomma nel film un alternarsi tra presente passato e futuro dove alla fine entrambi cercano di capire quello che una volta provavano per l’altro. Lui alla fine - continua l’attore- è uno che versa lacrime d’amore, è innamorato davvero ed è forse quello che rischia di più».
Si è parlato di un suo ultimo allontanamento dalle scene, è un momento di crisi?
«Tutt’altro che crisi, ma casomai una cosa positiva. Ho lavorato tanto l’anno scorso e adesso mi sono preso una lunga pausa di otto mesi. Ne avevo bisogno perché volevo dare più spazio a Francesco uomo che a Francesco attore. Fin quando non arriva qualcosa che mi appassiona preferisco dedicarmi ad altro».
Se non avesse fatto l’attore che avrebbe fatto?
«Da piccolo volevo fare di tutto, ma soprattutto il veterinario. Tra i tredici e i quindici anni decisi però di fare l’attore, che questa doveva essere la mia strada. Inconsciamente avevo percepito che mi avrebbe dato la possibilità di esprimere il mio mondo interiore ed emotivo».
Un personaggio che amerebbe interpretare?
«Più che un personaggio, mi piacerebbe tantissimo fare un musical, amo cantare e suonicchio anche».
Che ne pensa dello sciopero di sceneggiatori e attori in America?
«È importantissimo, stiamo vivendo una importante fase storica. Per fortuna la categoria è consapevole, io stesso non nascondo un timore per quello che sta succedendo, mi ricordo che già da bambino si diceva che i computer ci avrebbero sostituito, ma io ci tengo ad essere in carne e ossa nelle cose che faccio, non mi interessa la mia sola immagine, voglio dare emozioni al pubblico che mi guarda».
Il personaggio suo più bello?
«Sicuramente quello fatto in Baaria di Giuseppe Tornatore. Avevo solo venticinque anni. Mi ha dato la possibilità di fare un personaggio prima da giovane e poi fino a settant’anni, un modo per riscoprire le tradizioni della mia Sicilia e per capire da dove venivo, quali erano le mie origini».
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