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Scimeca farà un film sul giudice Terranova: il Fazio di Montalbano è Lenin Mancuso

Da sinistra Pasquale Scimeca, Gaetano Bruno e Peppino Mazzotta

Fu il «visionario» che, prima di tanti altri, intuì che Cosa nostra era una vera struttura piramidale criminale. Fu il magistrato che vide la mafia lì dove tutti la negavano e che per primo portò a processo i corleonesi, da Luciano Liggio a Totò Riina (poi assolti). E fu anche tra i primi ad aver pagato con la vita le sue indagini scomode. Ma il giudice Cesare Terranova, senza Lenin Mancuso, il maresciallo della polizia giudiziaria che con lui fu ucciso il 25 settembre di quarantatré anni fa a Palermo, all’angolo tra via Rutelli e via De Amicis, non avrebbe potuto istruire i processi di Catanzaro e Bari. E ieri, nell’aula della seconda sezione penale intitolata al magistrato, il regista Pasquale Scimeca, insieme con gli attori Gaetano Bruno e Peppino Mazzotta, ha presentato Il giudice T., il film che a giorni inizierà a girare a Palermo e in provincia.

Gaetano Bruno sarà Terranova, mentre Mancuso avrà il volto di Peppino Mazzotta (l’ispettore Fazio della serie tv Il commissario Montalbano), cosentino come il maresciallo. Che «sarebbe riduttivo definire autista - ha detto Scimeca - perché l’inseparabile Mancuso è stato per decenni il braccio destro del magistrato: era come i suoi occhi. O forse quasi un fratello perché con il giudice ha condiviso tutto, anche la morte».

Scritto (su sollecitazione del giudice Leonardo Agueci) dallo stesso Scimeca con il giornalista Attilio Bolzoni (che s’è ritagliato la parte di Leonardo Sciascia) e la scrittrice Nadia Terranova, lontana parente del magistrato, oltre che al cinema, Il giudice T. sarà anche un tv movie e una serie televisiva in sei episodi.

«Non so se questo sarà il titolo definitivo - continua il regista di Aliminusa - ma è certamente simbolico perché quella T. non rappresenta solo il giudice Terranova ma tutti i magistrati dell’antimafia giudiziaria che hanno pagato con la vita la loro determinazione sul lavoro». Per Scimeca «il film è il tassello che mancava tra il movimento antimafia sociale del dopoguerra e l’antimafia degli anni Ottanta: Terranova e Mancuso, indagando sui corleonesi, hanno squarciato il velo e fatto da apripista agli investigatori dopo di loro. Commemorare non basta, bisogna emozionare e con un film gli eroi tornano a vivere».

Presenti anche i due attori, Bruno e Mazzotta. Il primo ha confessato di «non vedere l’ora» di interpretare il giudice T. mentre il secondo si è detto stupito d’aver «letto non una sceneggiatura ma un documento letterario zeppo di note». Ha poi aggiunto di non sapere se «chiedere scusa o ringraziare persone che si sono sacrificate come Terranova e Mancuso». E, comunque, stavolta non farà da spalla come in Montalbano perché interpreta Lenin, «un tipo tosto».

Tra i presenti Carmine Mancuso, il figlio di Lenin («Sono grato a Pasquale perché questa storia non doveva essere dimenticata»), Agueci («Il mio è stato un tributo d’affetto, Cesare, quand’ero liceale, era il mio eroe»), il presidente della II sezione della Corte di Assise, Vincenzo Terranova, nipote del giudice, che con l’immagine delle 3 p ha ricordato lo zio («Non aveva paura, non era presuntuoso e non era interessato al potere»), il presidente del Tribunale Antonio Balsamo («Questo film recupera la nostra storia») e Matteo Frasca, presidente della Corte d’Appello («il cinema trasmette valori»).

Prodotto da Arbash con Rai cinema e distribuito da Lucky Red, Il giudice T. sarà nelle sale il 25 settembre del 2023 farà rivivere quel giorno di sangue di quarantaquattro anni prima e conoscere, alle nuove generazioni, cosa significa lotta alla mafia.

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