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La Lega Calcio: «La Serie A resti a 20 squadre, ma servono nuovi format per avere sempre piazze come Palermo e Bari»

Il presidente Casini risponde a Gravina: «Non vogliamo uscire dal modello federale, ma disegnare rapporti più equilibrati»

Palermo e Bari in campo al Barbera prima della partita di sabato (foto di Tullio Puglia)

Il Palermo e il Bari sono tra i club che la Lega di Serie A vorrebbe portare nel nel massimo torneo nell’ipotesi di una revisione dei format dei campionati e soprattutto dell’organizzazione calcistica in Italia.

L’ipotesi è quella che la Lega di Serie A si stacchi dalla Federcalcio per adottare un modello simile a quello della Premier League inglese. «Questo - chiarisce Lorenzo Casini, presidente della Lega di A intervenendo a Giù la maschera, su Radio Rai 1 - non vuol dire uscire dal modello federale, ma disegnare i rapporti con quest’ultimo in modo più equilibrato rispetto ad oggi, in cui la A ha sostanzialmente potere nullo in seno al Consiglio federale. E su questo, fatto non comune, tutte le società sono state d’accordo».

Alla replica del presidente della Figc Gabriele Gravina («È solo uno strumento di distrazione di massa perché non ci sono nemmeno i presupposti»), «siamo rimasti tutti sconcertati - prosegue Casini -. La nostra proposta è stata pacata, di collaborazione e non di contrapposizione. La risposta sembra non dare considerazione alla componente più importante» del Consiglio federale.

«La Serie A - afferma il numero 1 della Lega - finanzia tutto il sistema, è impensabile che la governance federale non le riconosca il giusto ruolo, quanto meno per quello che ci riguarda».

Il declino della A dai tempi dell’epoca d’oro, ha più ragioni: dalle «infrastrutture» alle politiche adottate da altre Leghe: «Premier e Liga spagnola sulla parte internazionale si sono mosse in anticipo con modelli organizzativi moderni che hanno facilitato la vendita dei diritti all’estero. Ed hanno saturato il mercato».
Il presidente Casini ha affrontato anche il tema dei diritti tv e l’ipotesi della A a 18 squadre. «Indubbiamente - ammette - per la vendita dei diritti è un periodo molto complicato, non solo per l’Italia. La Premier, per la prima volta, per potersi assicurare un livello di entrate ha dovuto aumentare il numero di partite messe in vendita». Quanto alle riforme «sicuramente ce n’è bisogno. È chiaro che i grandi club, giocando tanto, vorrebbero ridurre il numero delle partite, il che ha come presupposto diminuire il numero delle squadre».

La posizione della Serie A è rimanere a 20, «semmai bisognerebbe ragionare su format diversi. Ci sono piazze, penso a Palermo, a Bari... Il Sud ora è sotto rappresentato in A. Se si arrivasse ad avere anche quel tipo di platee ci sarebbe più audience e più valore sui diritti televisivi».

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