Avendovi giocato per 44 volte nella sua storia (45 con quella appena trascorsa), il Palermo sapeva quanto fosse insidiosa la Serie B e quanto per andare lontano fosse necessario costruire una rosa di peso: sull’allenatore si è proceduto in questa direzione, puntando peraltro su una figura con un ottimo rapporto con la piazza, sui giocatori si è scelto per un mix tra giovani e meno giovani ma non necessariamente con lunghi trascorsi nel campionato cadetto. Nessuna delle due strategie, guardando al risultato finale, ha pagato: Corini è rimasto fuori dai play-off dopo una promozione (Brescia) e due qualificazioni consecutive (Lecce e ancora Brescia), la squadra ha manifestato difetti e fragilità che hanno fatto la differenza in negativo, nonostante il traguardo vicinissimo.
A incidere sulla classifica dei rosa è stata l’inesperienza generale: dopo avere cominciato la stagione con buona parte dello stesso organico che aveva centrato la promozione, ma che prima di arrivare al Palermo vantava pochissime partite in palcoscenici di rilievo, l’avvicendamento tra Baldini e Corini ha accelerato la rivoluzione della rosa (prima frenata proprio dal tecnico di Carrara, dimessosi proprio per diversità di vedute sul mercato con la nuova proprietà). La scelta è ricaduta su giocatori con un’esperienza scarsa in Serie A e limitata in B: Stulac, Mateju e Segre non arrivavano alle cento presenze complessive nel massimo campionato (49 il primo, 40 il secondo e 10 il terzo), gli altri acquisti pur conoscendo abbastanza bene la serie cadetta non vi hanno quasi in nessun caso giocato con continuità e con obiettivi importanti. Gli innesti di maggior esperienza sono stati Di Mariano, Vido e Pigliacelli, che in sei stagioni di B vantavano rispettivamente 161, 149 e 131 presenze, ma nonostante questo i due attaccanti non sono mai stati particolarmente prolifici (tendenza confermata anche in rosanero) e il portiere era reduce da cinque anni nella massima serie romena. Più utilizzati Sala e Saric (93 apparizioni in tre stagioni il primo, 95 in quattro il secondo), ma entrambi contavano nel palmares una retrocessione ciascuno (rispettivamente con Crotone e Carpi), con il bosniaco «consolato» dai play-off con l’Ascoli nel 2022 (fuori al primo turno con il Benevento); meno partite per Nedelcearu (34 in una stagione), Elia (45 in due) e Bettella (53 in quattro), ma anche per loro poche soddisfazioni con l’amarezza della discesa in C per i primi due (a Crotone il romeno, con la Juve Stabia il figlio dell’ex rosanero Firmino) e un play-out vinto per il terzo (a Pescara), poi riscattatosi con la promozione del Monza in cui ha comunque avuto un ruolo marginale. Nella stagione in corso l’unico a scendere in campo con continuità è stato Nedelcearu, mentre Elia si è fermato subito per un grave infortunio e Bettella ha alternato stop fisici cronici a partite tutt’altro che brillanti, l’ultima proprio con il Brescia (errore sul pari di Ayé).
Il 13° posto alla fine del girone d’andata ha spinto il City Group a modifiche significative, soprattutto a centrocampo, dove è arrivato un giocatore di grande esperienza come Verre: con 150 presenze in A e 123 in B, Corini ha individuato in lui il profilo per un salto di qualità arrivato solo in parte, con la classifica migliorata ma non al punto da raggiungere i play-off. Con lui, oltre a giovani con nessuna conoscenza della serie cadetta (Graves, Orihuela e Aurelio), sono arrivati Masciangelo e Tutino: tre stagioni e mezzo in B per il primo (85 gare disputate), quattro e mezzo per il secondo (131), eppure nessuno dei due ha inciso come sperava Corini e il numero 11 è finito rapidamente ai margini, scendendo in campo in appena quattro occasioni; l’ex Parma è stato invece schierato in 18 partite su 18, confermando però una vena realizzativa non eccelsa con tre gol totali. Per il futuro il tecnico ha già sottolineato la necessità di puntare su profili più pronti per vincere la Serie B: ora la palla passa alla dirigenza.
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