«Quei colori addosso sono stati la vita per me». A parlare è un giocatore che ha lasciato un pezzo di cuore a Palermo, un affetto che per chi ha vissuto da tifoso rosanero gli anni '90 non può che essere ricambiato. È Roberto Biffi che alla vigilia di Como - Palermo, accetta di concederci un'intervista per parlarci delle sue stagioni in rosa, ma anche dell'attualità, in particolare di una promessa fattagli dal presidente del club Dario Mirri, che potrebbe vederlo nuovamente, dopo tanti anni di assenza, all'ombra del Monte Pellegrino.
Prima della promessa, però, la premessa che rievoca una gara importante per i colori rosanero. Anzi due. L'andata e il ritorno di una sfida in cui il Palermo dell'allora allenatore Orazi si giocò la finale dell'unico trofeo vinto, ovvero la coppa Italia di serie C. In quella gara del lontano 1993 i rosa si trovarono davanti proprio il Como: «Bella partita, tirata - ricorda Biffi - Prima di andare in vantaggio il Como ci mise in difficoltà. Ma sono annate e noi avevamo la buona stella in quella stagione. Riuscimmo a controllare bene la gara e vincemmo due a zero con i gol di Buoncammino e Cecconi. Al ritorno, in casa, c'erano 35 mila spettatori. Fu una partita giocata solo per sancire la vittoria. Non l'abbiamo snobbata ma fu a senso unico. L'1 ad 1 non lo vidi perché fui espulso nel finale per un fallo non cattivo a metà campo. Era un altro calcio - spiega con nostalgia l'ex difensore rosa -. A quei tempi era più divertente, a livello emozionale ti lasciava ancora qualcosa. Oggi è un gioco diverso. Quello nostro era fatto di cuore, di anima. In questo momento la tattica la fa più da padrona rispetto alle doti. Prima si lasciava spazio alla fantasia, infatti adesso il fantasista è sparito. Noi avevamo Battaglia che faceva la differenza. Adesso gli allenatori non vogliono che dribbli o che salti l'avversario».
Roberto Biffi aveva una gran castagna. Indimenticabili le sue punizioni a cui il giocatore imprimeva una gran forza. Ne sanno qualcosa anche i raccattapalle dell'epoca che si guardavano bene da stare dietro le porte avversarie quando tirava lui. La media delle punizioni di Biffi che entravano in rete era bassa, ma i gol realizzati sono tutti di gran fattura. A seguire le orme del padre è il figlio di Biffi, che è difensore titolare della Sanremese in serie D. Uno dei sogni dell'ex giocatore rosa è di vederlo con la maglia del club di viale del fante. Un altro desiderio è quello di tornare lui stesso a Palermo. Un'ipotesi tutt'altro che remota e non ne fa segreto: «Mio figlio ha qualità - racconta orgoglioso Biffi - è un difensore come me. Ha un bel fisico, è alto un metro e 90, ha piede e, al contrario mio, è bravo anche di testa. Mi piacerebbe se giocasse nel Palermo, ma anche io sono stato vicino al ritorno come tecnico delle giovanili. In teoria - rivela Biffi - c'è ancora in piedi qualcosa. Mirri mi ha promesso che quando finiranno i lavori a Torretta ci sarà più spazio. Mio figlio, però, potrebbe venire anche senza di me, io ormai quello che ho fatto ho fatto. Con un centro del genere, mi diceva Mirri, spazio ce n'è un po' per tutti, soprattutto per quelli che hanno ancora il rosa nel cuore».
Per i sogni c'è tempo, al momento l'attualità vede il Palermo a due punti dall'ottavo posto, valido per i playoff, occupato da Reggina e Pisa. Domani la sfida contro il Como. Una società molto forte economicamente, diversa da quella che affrontò i rosa di Biffi in quella finale di coppa Italia nel '93, che difficilmente potrà raggiungere i playoff, visto che occupa il 13esimo posto ed è a -4 dal piazzamento che conta per gli spareggi. Ma la gara del Sinigaglia non può essere presa sotto gamba. L'ex difensore rosa si sofferma però più sulla gestione tecnica che a suo avviso lascia un po' a desiderare: «In questa squadra ci sono giocatori importanti ma non giocano benissimo. Spesso vanno in difficoltà. Secondo me non sono all'altezza di altre squadre a livello di gioco. Anche a livello fisico - spiega - non li vedo benissimo perché spesso fanno due partite in una, nel senso che giocano un tempo bene e uno male. Una squadra che non ha equilibrio. Corini - continua Biffi - a livello umano è una persona corretta, sa il fatto suo; da giocatore è stato un grande, come allenatore non mi dà l'impressione però di avere la situazione in mano. Anche perché la rosa allargata ha creato più scompensi che cose positive. Gestire una rosa così ampia non è facile e lui, secondo me, cambia spesso la formazione per non scontentare nessuno. Quando invece ci sono giocatori, come ad esempio Verre e Valente, che meriterebbero di giocare sempre dall'inizio. Non so se questo suo modo di gestire la squadra è ragionata o un modo di levarsi il fastidio. Farei giocare in linea di massima sempre la stessa formazione - conclude l'ex numero sei rosanero - se cambi sempre non crei affiatamento tra i reparti».
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