![](https://assets.gds.it/2025/02/magrini-800x800-1739356907.jpg)
La mafia muta nella forma, ma nella sostanza droga, estorsioni e scommesse on line restano i suoi interessi principali. Ed è proprio seguendo questi business che i carabinieri hanno dato vita a questa imponente operazione. A parlarne il generale di brigata Luciano Magrini, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo.
Un grande blitz che ha inferto un durissimo colpo alle cosche.
«L'indagine è partita dal 2023, prima che mi insediassi io al comando provinciale. Chiaramente c’è stato un passaggio di testimone che ha comunque dato continuità all’attività investigativa. Si è fatto leva sulle risorse del personale del Nucleo investigativo. Credo da 40 anni non si registrasse un’operazione con questi numeri sul territorio e venti di queste misure cautelari sono frutto proprio di un’indagine del reparto anticrimine di Palermo sulla zona di Santa Maria di Gesù, le altre sono frutto del lavoro del nucleo investigativo».
Qual è l’idea che si è fatto, in questi due anni di comando, della Cosa nostra attuale?
«Il fenomeno mafioso, seppur fortemente fiaccato a seguito delle numerose operazioni delle forze dell’ordine, ha ancora una sua vitalità. È un'organizzazione viva, coesa e violenta, che vuole fare affari e ricomporre l’area militarista di un tempo. Droga, estorsioni e scommesse restano i suoi capisaldi e continua a pescare manovalanza tra i giovani».
Con questa operazione i vertici mafiosi si possono considerare azzerati, almeno nel loro nucleo più importante?
«Sicuramente abbiamo inferto loro un durissimo colpo. Sono stati arrestati 8 reggenti di mandamento e 11 esponenti di spicco di famiglie mafiose. Ovviamente la storia ci insegna che nel tempo la mafia ha saputo rinnovarsi e trovare nuova linfa e terreno fertile».
La nuova mafia si avvale della tecnologia, ma avete dimostrato di avere azzerato quello che sembrava un vantaggio. Insomma, la lotta passa anche attraverso mezzi sempre più sofisticati...
«Noi, come le persone oggetto delle nostre indagini, siamo in continua evoluzione e rispondiamo colpo su colpo. Da 60 anni a questa parte siamo riusciti a trovare le necessarie contromisure. La mafia non ha regole, quindi è chiaramente più veloce nel trovare nuovi metodi. Noi ce le abbiamo le regole e magari i tempi sono più lunghi per riuscire ad adeguarci, ma come si può vedere si arriva sempre a trovare le necessarie soluzioni per stare al loro passo. Riusciamo a tenere testa all’organizzazione malavitosa sul fronte tecnologico senza dimenticare anche l’efficacia dei mezzi investigativi tradizionali, che possono essere pedinamenti e raccolta delle informazioni in strada. Abbiamo un grande patrimonio informativo e conoscitivo delle dinamiche di certi apparati e del territorio».
Lei ha parlato di un'organizzazione ricca e violenta che è ritornata a trarre i suoi profitti dal traffico di droga. Ma gli stupefacenti non sono l’unico business.
«La droga è certamente uno dei pilastri su cui si fonda la mafia. Ha la possibilità di essere spacciata sul territorio con guadagni molto importanti, ecco perché questo business continua a rimanere la base fondante dell’organizzazione. Basti pensare che nell’ultimo biennio di sola cocaina ne abbiamo sequestrata qualcosa come 43 chili, per un giro di affari che si aggira attorno ai due milioni di euro. Ma Cosa nostra resta anche fortemente ancorata al metodo delle estorsioni: ne abbiamo accertate una cinquantina negli ultimi due anni».
Capitolo a parte, per l’appunto, il pizzo. Lei ha spiegato che le denunce, purtroppo, sono ancora poche. Perché secondo lei?
«In pochi denunciano, è vero. Evidentemente l’operatore commerciale teme la mafia che è stata in grado di creare un sistema di tensioni e pericoli tale da incutere forte timore. Ma anche in questo caso la strada è tracciata e non ci sono solo le forze dell’ordine a fare da argine. Penso per esempio al lavoro importante delle associazioni antiracket, credo che questa città comunque abbia tratto un insegnamento da quel che accadde a Libero Grassi (l’imprenditore ucciso dalla mafia nel 1991 perché non volle piegarsi alla mafia e palesò pubblicamente il suo ripudio alla criminalità, ndr). C’è sicuramente ancora da superare un fattore culturale ma ci vuole del tempo. Ci sono ancora persone che addirittura spontaneamente cercano il mafioso per avere a loro modo di vedere protezione. Ma non capiscono che è un gravissimo errore perché una volta dentro questo sistema difficilmente si riesce ad uscirne fuori e si rimane stritolati dalle richieste sempre più pressanti di chi si era offerto come il loro salvatore. Invito a denunciare, questa è l'unica strada».
Le estorsioni restano ancora una forma di violenza più che remunerativa di mera ostentazione della forza e della violenza di Cosa nostra?
«Non c’è dubbio che l'estorsione non è una forma di sostentamento economico per la mafia. Gli introiti non sono quelli delle scommesse on line o della droga. Ma resta una forma di violenza che mira al controllo del territorio. Per cui al mafioso non interessa la grande impresa, o perlomeno non interessa solo la grande impresa. Al contrario, proprio per controllare il territorio, esercita il racket anche nei confronti dei piccoli commercianti, persino degli ambulanti. Il messaggio che vogliono mandare è: “Il territorio è mio”. Ma la risposta dello Stato, data anche con questa operazione, è la conferma che in realtà non è così, e prima o poi il loro sistema crolla inesorabilmente».
Oggi sul Giornale di Sicilia in edicola e nell'edicola digitale l'intervista completa e dieci pagine dedicate al maxi blitz con la mappa dei mandamenti, le foto e gli approfondimenti.
![Digital Edition](https://static.gds.it/__assets/img/share/digital-edition_bg.jpg)
Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.
![Edizione Digitale](https://static.gds.it/__assets/img/share/digital-edition.png)
Caricamento commenti
Commenta la notizia