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Lavori per il tram a Palermo, spunta un antico ponte

La scoperta in corso dei Mille. Fu un’arteria principale in età Normanna. Poi usato per appendere le teste dei condannati. La sovrintendenza: «Rappresenta l’antica strada di uscita da Palermo verso Termini». L’area è stata ricoperta e il cantiere non subirà rallentamenti

PALERMO. Ha assistito a numerose condanne a morte. È stato spettatore del dolore e del pianto straziante di chi aveva perso, anche ingiustamente, i propri cari. Nei suoi pressi, infatti, venivano appese le teste dei giustiziati. È il ponte delle «Teste mozze» che si trova accanto alla chiesa della Madonna del Fiume. Oggi importante collegamento fra le due parti di corso dei Mille, all’altezza di piazza Scaffa. Prende il nome dal vicino cimitero per i condannati a morte e dalla piccola piramide in muratura realizzata al suo fianco fra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo e usata per appendere, appunto, le teste dei condannati. Ricostruito più volte nella storia, si pensava che la struttura originaria fosse ormai perduta. Invece, di recente, una sorpresa archeologica ha interessato i cantieri per la realizzazione del tram. Duranti i lavori da una buca appena scavata è venuta alla luce l’antica arcata originaria di quella che un tempo fu l’uscita principale della città verso la costa settentrionale. «Durante i cantieri per il tram abbiamo rinvenuto il ponte originario delle ”Teste mozze” - spiega l’archeologo della soprintendenza ai Beni culturali Stefano Vassallo -. A seguire gli scavi le archeologhe Giuseppina Battaglia e Laura Riolo. Il saggio è stato subito ricoperto per ragioni di sicurezza ma, adesso, abbiamo la certezza della presenza dell’antico ponte sotto la strada. Si dice che la struttura in origine avesse tre o quattro arcate. Purtroppo non siamo riusciti a capire l’arcata ritrovata a che altezza fosse situata. Lungo corso dei Mille, durante i lavori del tram, abbiamo trovato varie tracce di occupazione di età antica, tombe, resti di muretti e pavimenti stradali, che ci consentono di ipotizzare che almeno da età normanna, lungo l'attuale tracciato di corso dei Mille, tra Porta Termini e il ponte dell'Ammiraglio, c'era la strada di uscita da Palermo verso Termini Imerese; così, poco a poco, viene fuori l'immagine della periferia della città tra età islamica ed età normanna». Un ponte quello delle «Teste mozze» che è stato e continua a essere protagonista di alcuni rituali e leggende. Secondo una credenza popolare le anime degli innocenti che per errore di giustizia umana furono sacrificate, sono credute dispensatrici di grazie e di miracoli, in cambio di una preghiera.
Ancora oggi i familiari dei condanni dalla legge, fanno tappa nei pressi del ponte delle «Teste Mozze» per chiedere alle anime in cerca di pace, la grazia per i loro affetti. «A partire dal luglio del 1799 i decollati e gli impiccati venivano seppelliti proprio nel cimitero di questa chiesetta del Fiume. In una piazzetta posta davanti alla chiesa, proprio al centro, c’era una botola che li immetteva nel carnaio dove venivano gettati alla rinfusa tutti cadaveri dei giustiziati - racconta il soprintendente ai Beni culturali, Maria Elena Volpes -. Al cimitero e al seppellimento dei corpi provvedeva la congregazione di Maria Santissima di Tutte le Grazie, che aveva il compito di rilevare i cadaveri dal luogo del supplizio e portarli in processione nella chiesa o nello spiazzo antistante. Nei carnai dei decollati senza alcuna discriminazione, per più di due secoli e mezzo furono gettati i corpi dei patrioti, vittime della repressione borbonica, di volgari assassini, di innocenti vittime di errori giudiziari». Nel cimitero di Santa Maria del Fiume era inesistente una anagrafe delle tumulazioni, e gli unici documenti attestanti la sepoltura erano costituiti da normali ricevute di consegna dei cadaveri alla chiesa. Ma a causa di una esondazione del fiume Oreto, avvenuta nel 1881, si persero sia i documenti conservati nella chiesetta, sia le spoglie dei cadaveri nelle tombe comuni. Del carnaio ormai non resta più nulla. A ricordare le anime dei corpi «decollati» è rimasto solo un cippo funerario.



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