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Sgominato il clan mafioso dello Zen, le donne in trasferta per procurare la droga

PALERMO. Si organizzavano con camper e auto, portavano anche i figli e facevano finta di partire in vacanza invece andavano a procurare grosse quantità di droga. Il ruolo della famiglia, nell'organizzazione messa in piedi dal mafioso palermitano Guido Spina, arrestato oggi assieme ad altre 16 persone, era fondamentale. E le donne facevano la loro parte, sia per quanto riguarda il taglio e il confezionamento, sia per lo spaccio e l'approvvigionamento. Così sono finite in manette Alba Li Calsi (moglie di Spina), Maria Valenti (coniuge di Vincenzo Cosenza, quello che Spina chiama «fratello») e Angela Spina (figlia di Guido e moglie di Piero Vitale).  In queste famiglie i bambini diventano pure un buon pretesto per facilitare i viaggi per comprare la droga, sia con le auto che col camper: partivano tutti assieme per «la piccola stagione di tre giorni» in Calabria o in Puglia. Per comunicare usano i cellulari con «schede non intestate» e cercano di parlare in codice. Le famiglie durante una delle trasferte in Calabria, si accertano della sicura percorribilità della strada: «il bagno è pulito ora vado a vedere la camera di Giovanni», oppure «ho trovato la stanza di Giovanni pulita», «ho finito di fare le pulizie e tutto pulito», «Amore sei a mare» (riferendosi alla fase del traghettamento), «X venire da me sei».  Il 16 agosto del 2012, Guido Spina, venuto a conoscenza della perquisizione della polizia dell'auto in cui viaggiavano la figlia Angela e Pietro Vitale, che trasportavano cocaina, e del loro conseguente arresto dice: «a mia figlia si sono portati me lo sentivo che succedeva qualche cosa... tre chili di cose gli hanno trovato... e ho fatto arrestare a mia figlia... ho fatto arrestare a mia figlia...».


LA MOGLIE DI SPINA AVEVA IN MANO LA GESTIONE DEI SOLDI. L'aiuto della moglie di Guido Spina non è quindi limitato alla custodia della droga in casa, ma arriva anche alla gestione dei conti con il marito e pure con Vincenzo Cosenza. Durante la carcerazione di Spina, dovendo spartire i soldi tra spese legali e «simanate» (settimanate, piccoli stipendi, ndr) ai pusher dell'organizzazione: «1000 euro , 3 e 5 per l'avvocato e sono 6.500 euro, 350 a Francesco, 7.150 di spese», dice la donna, pretendendo da Cosenza la tenuta di una contabilità accurata «Scrivi! Li hai contati? Così scriviamo 850».  La donna si occupa anche della vendita ma soprattutto del taglio della droga di cui si mostra fine conoscitrice del grado di qualità, vantandosi dell'esperienza criminale acquisita: «è asciutta, noi siamo seri... troppa puzza, brucia il naso... scriviti tutte cose». Spina, consapevole del grande aiuto della moglie, dopo l'arresto della figlia Angela, commenta «se mi arrestano pure mia moglie...». Alba Li Calsi interviene anche quando si accorge che parte della droga viene rubata dagli spacciatori assiste senza scrupoli con la figlia Angela alla spedizione punitiva ordita dal marito e messa in atto nei confronti di tali Giovanni e Filippo, rei di averli derubati di 150 grammi di cocaina tenuti in un garage. A un certo punto Li Calsi cerca di limitare le percosse alle vittime ma solo per evitare la galera «moriamo noi in galera, chè non le puoi ammazzare le persone».

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