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Gazebo chiusi a Palermo, altri licenziamenti

PALERMO. Due licenziamenti e l’amarezza di una «disparità intollerabile». Agata Benenato, titolare del «Baretto» di via XX Settembre, fino al mese scorso brulicante di tavolini gremiti per l’aperitivo pre-serale, rilancia la questione gazebo congelata dall’ordinanza del Comune che, dopo mesi di pugno duro e di ricorsi, ha bloccato ogni provvedimento nell’attesa del regolamento che non arriva mai.
«Sono stata tra i pochissimi a smontare il mio gazebo — racconta — ho dovuto subire la sanzione della chiusura, e poi il Comune ha bloccato tutti gli altri provvedimenti. Io dico: o tutti o nessuno».
Il gazebo, calcola la titolare, dava al locale il 30 per cento degli introiti: «Mi ha fatto rabbia — dice — che il vicesindaco abbia detto che noi esercenti avevamo costruito baite di montagna. La baita di montagna a me l’ha fatta fare il Comune, dieci anni fa, dando precise disposizioni sui materiali e sugli accorgimenti da rispettare. Ho smontato il mio vecchio gazebo di design e ho fatto realizzare quello nuovo in legno, sempre seguendo le regole su porte, distanze, zanzariere, sempre pagando ogni onere, per ritrovarmi poi con il provvedimento di rimozione. Ho dovuto licenziare due persone con il cuore a pezzi. Mi chiedo se questa sia la risposta che devono avere gli imprenditori che danno lavoro onestamente».
Il gazebo era sotto il marciapiede, sull’asfalto, in zona blu. «Adesso quel che ho chiesto allo Sportello unico delle Attività produttive è di avere in tempi celeri l’autorizzazione per collocare i tavolini e gli ombrelloni sul marciapiede davanti il locale. Per questo ho chiamato un architetto che ha realizzato il progetto, perché il Suap non accetta l’interlocuzione con semplici cittadini ma ci vuole un professionista che porti avanti la pratica. Ora aspetto un perito dell’amministrazione che venga a fare la perizia. Mi piacerebbe che almeno tutto questo avvenisse rapidamente».
Alessandro Palmigiano, l’avvocato che li segue nell’istanza di concessione del suolo pubblico, rafforza l’appello: «Auspico che l’amministrazione dimostri di essere efficiente e di tutelare gli operatori e i cittadini. Sarebbe paradossale che il Comune fosse veloce a sanzionare e non altrettanto veloce ad autorizzare».
Si apre insomma il fronte di quelli che sono rimasti con il cerino in mano, nella terra di nessuno che c’è tra il pugno duro e la marcia indietro del Comune assediato dalle minacce di ricorso. Ma anche qui l’amministrazione rischia una tempesta di richieste di risarcimento danni. «Qui era pieno di gente, professionisti che venivano a rilassarsi a fine lavoro — dice ancora la titolare — adesso la sera sul marciapiede è il deserto. Quello che ci sostiene è la solidarietà dei clienti, confermata giorno dopo giorno».
La ferita è aperta, e il neo-assessore alle Attività produttive Giovanna Marano ha posto la questione gazebo tra le priorità della sua azione di governo. «Servono regole certe — ha detto — per consentire agli esercenti di lavorare serenamente». Intanto la commissione tecnica formata da sette consiglieri e voluta dal presidente di Sala delle Lapidi Salvatore Orlando si è fermata. «Avevamo fissato la riunione il giorno prima dell’insediamento del nuovo assessore — dice Giulio Tantillo di Forza Italia — lei ci ha chiesto di rinviare e così abbiamo fatto». L’interlocuzione tra giunta e Consiglio si era interrotta, con il vecchio assessore Marco Di Marco, che aveva detto no alla possibilità di installare dehors sulle zone blu e la possibilità di trasformare i gazebo in dehors. «La legge parla chiaro, sostenendo che i dehors vanno piazzati in strade pedonalizzate o a traffico limitato», spiegava. Ora si riparte daccapo.

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