PALERMO. È stato un confronto dai toni accesi quello tra l'imputato Maurizio Lucchese e lo chef Natale Giunta, parte civile nel processo per avere avuto richieste estorsive. I due sono però rimasti sulle loro posizioni iniziali. Il processo si svolge davanti alla terza sezione del Tribunale di Palermo e sotto accusa, oltre a Lucchese, c'è anche Giovanni Rao. Secondo il pm Caterina Malagoli, i due avrebbero chiesto il pizzo all'imprenditore assieme ad altre tre persone che hanno scelto l'abbreviato. Giunta ha raccontato di aver visto Lucchese in via Siracusa nel 2012. «Mentre andavo all'Asp, intorno alle 9 di mattina - ha detto lo chef - ho parcheggiato la macchina in via Siracusa e sono stato fermato da Lucchese che mi ha detto di incontrarmi con i suoi amici che mi volevano parlare. Ho detto vediamoci nell'ufficio e invece lui voleva incontrarmi fuori». Opposta la versione di Lucchese, titolare di un autonoleggio e per questo conoscente di Giunta, che dice di non averlo incontrato in via Siracusa quella mattina.
Non so che sta combinando con me - ha detto l'imputato - cosa vuole combinare. Io non c'entro niente in questa storia. Ci rispettiamo perchè mi hai dato tante confidenze». E poi rivolgendosi a Giunta, Lucchese ha proseguito: «Perchè ti stai accanendo con me? Tra noi passava una buona amicizia, tu mi hai raccontato i tuoi problemi. Al termine dell'udienza ha reso dichiarazioni spontanee l'altro imputato, Giovanni Rao. Il giudice ha rigettato la richiesta del difensore Giovanni Castronovo di fare accertamenti sulle celle telefoniche intercettate dal cellulare del suo cliente per capire se Rao si trovasse negli uffici di Giunta quel giorno. «Come devo fare per provare la mia innocenza? - ha chiesto al collegio - Ho parlato del telefonino perchè lo avevo sempre appresso, si può vedere dove ero il 2 marzo. Io sono sicuro al 100% che non ero da Giunta quel giorno. Sono dieci mesi che soffro, non ce la faccio più, la notte non dormo. Dieci mesi sono come dieci anni. Non avevo bisogno di questi soldi. Questa è la prima volta che vedo il signor Giunta. Di questo reato non so niente». I parenti di Rao e Lucchese, appena si è conclusa l'udienza, hanno inveito contro i giudici e contro il pm, sostenendo l'innocenza dei loro congiunti, vittime, a loro dire, delle menzogne di Giunta.
I difensori di Rao, Castronovo e Nicolò Riccobene, avevano presentato istanza di ricusazione del collegio. Secondo i legali, i giudici, pronunciandosi sulla revoca delle misure cautelari avanzata dalla difesa, hanno «manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell'imputazione». La corte d'appello ha però rigettato l'istanza. Il processo prosegue il 27 febbraio con la requisitoria e le arringhe degli avvocati.
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