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Palermo, il Comune “prende in prestito” i loculi privati

Sepolture private usate provvisoriamente come deposito. Dai tre mesi iniziali di permanenza si passa a 18. I cittadini protestano, ma già in passato alcuni ricorsi furono rigettati

PALERMO. «Scusate il disagio, ma ci servono le vostre tombe». C’è chi, scherzandoci un po’ su, ha commentato così la lettera recapitata dal Comune di Palermo in cui si comunica che: «A fronte della gravissima carenza di posti salma nei campi di inumazione e tenuto conto della prevedibile emergenza sanitaria conseguente al sovraffollamento dei depositi comunali, il Servizio scrivente, in esecuzione delle Ordinanze Sindacali in oggetto, sta provvedendo ad utilizzare temporaneamente i loculi delle sepolture private. Si fa riserva di comunicare successivamente con ulteriore nota i nomi delle salme, unitamente alle date di ingresso e di uscita».
L’ordinanza sindacale in oggetto è la n. 301 del 03/09/2010 in cui si stabilisce l'utilizzo temporaneo di loculi, all’interno di tombe private, a ‘uso deposito’. Nel settembre del 2010 la disposizione comunale si avvaleva di un’eccezionalità: l’inizio dei lavori di messa in sicurezza dell'area a ridosso di Monte Pellegrino, che non permetteva l’utilizzo delle fosse dei campi temporanei in scadenza. Adesso la necessità è invece costituita dalla carenza dei posti salma che ha causato, anche in passato, un esubero delle bare nei depositi. Gabriele Marchese, dirigente del servizio Gestione impianti cimiteriali del Comune di Palermo, sottolinea che non vi sia un’emergenza sanitaria certificata e che le salme ferme in deposito sono in attesa di essere inumate. I lavori, spiega il dirigente responsabile, sono stati rallentanti dalle avverse condizioni meteorologiche che rendono la terra bagnata impossibilitando l’uso dell’escavatore, che potrebbe come in passato impantanarsi.
«Ogni salma presente in deposito – assicura Marchese – ha già una sua destinazione, e in condizioni di lavoro ottimali prevediamo dalle 30 alle 40 operazioni al giorno». Solo una certa tipologia di sepoltura è stata individuata dall’Amministrazione come temporaneamente utilizzabile, secondo alcune precise caratteristiche: non essere a pozzo, e con date di collaudo scelte a ritroso, dalla più recente alla più vecchia. In linea di massima l’ordinanza investe soltanto il cimitero dei Rotoli perché l’unico in città con campi di inumazione. I tempi di permanenza della salma nei loculi di alloggio temporaneo, però, si sono ampiamente allungati: dai tre mesi iniziali si è passati a 18, data in cui saranno disponibili le prime fosse da assegnare. Provvedendo poi al trasferimento. I cittadini che hanno ricevuto questa comunicazione hanno mostrato non poche perplessità, relativamente all’allungamento del periodo, all’impossibilità di conoscere preventivamente l’identità della salma che verrà posta nella tomba di proprietà, ma soprattutto la preoccupazione che in caso di lutto in famiglia la salma di un loro caro possa finire in deposito. Si tratta di una eventualità remota, ha assicurato Marchese: «da quando l’ordinanza è in vigore è accaduto una sola volta, e si è provveduto a spostare la salma ospite. Detto questo, il Comune – continua a spiegare il dirigente – ha in genere la cautela di utilizzare il cinquanta per cento dei posti disponibili: se ce ne sono quattro, ne utilizziamo soltanto due».
E alla domanda circa le eventuali spese per la traslazione del feretro (ossia estumulazione e trasferimento, che secondo quanto stabilito dalla legge avviene tramite neutralizzazione della cassa di zinco in caso di bara inumata, ex art. 75 DPR 285/1990, oppure ripristinandone le condizioni di impermeabilità, ex art. 88 DPR 285/1990, attraverso il cosiddetto rifascio), soprattutto in casi di trasferimento anticipato, Marchese assicura che sono tutte a carico dell’Amministrazione e che ai cittadini non verrà chiesto l’esborso di alcuna cifra. Nonostante le raccomandazioni da parte del Comune molti proprietari hanno però ritenuto illegittimo questo provvedimento, e, giusto un anno fa, una trentina diffidarono l'Amministrazione tentando l’impugnazione del provvedimento, con ricorso al Tar. Un ricorso morto e sepolto, potremmo ironicamente dire, perché furono tutti rigettati tranne uno che, come ha spiegato Marchese, ha vinto per un cavillo procedurale.

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