PALERMO. Dal delitto Dalla Chiesa, al papello. Da Lima e Andreotti al caso Ruby. E ancora i boss vicini ai servizi segreti e il compiacimento per la strage di Capaci. Totò Riina è un fiume in piena. Nelle ore di socialità che condivide col capomafia pugliese Alberto Lorusso parla a ruota libera di tutto. Attualità, storia della mafia, morti eccellenti. Parole, sprezzanti, irridenti quelle del padrino di Corleone incalzato dal compagno di carcere, un personaggio tutto da decifrare, che sembra spingerlo continuamente a parlare. Lo imbecca, lo provoca. Duro il racconto dell'attentato al generale Carlo Alberto dalla Chiesa di cui Riina si assume l'esclusiva paternità. «Loro sono convinti che a uccidere il padre fu lo Stato - dice alludendo ai figli del generale». «Ma c'è solo un uomo e basta. - dice in un delirio egocentrico - Ha avuto la punizione di un uomo che non ne nasceranno più». L'eliminazione dell'ex prefetto di Palermo il boss l'avrebbe decisa appena saputo del suo incarico siciliano. «Quando ho sentito alla televisione che era stato promosso prefetto di Palermo per distruggere la mafia ho detto: 'prepariamocì. Mettiamo tutti i ferramenti a posto, tutte le cose pronte per dargli il benvenuto», racconta. Poi i riferimenti alla lotta al terrorismo condotta da Dalla Chiesa e all'incapacità dei brigatisti rossi di eliminarlo. Missione riuscita a Cosa nostra anche grazie all'aiuto di talpe, fa capire il padrino di Corleone, che racconta i pedinamenti organizzati prima dell'omicidio. Nelle «esternazioni» di Riina non mancano riferimenti all'attualità: al caso Ruby ad esempio. «Mubarak, Mubarak - dice riferendosi alla versione data dall'ex premier sulla ragazza marocchina- che disgraziato». «Veda che -spiega riferendosi probabilmente all'ex premier di cui parla spesso- è un figlio di puttana che non ce ne è (come pochi ndr)». Anche per la figlia dell'ex presidente del Consiglio Barbara Riina ha un commento. «Barbarella è potentosa come suo padre», dice. Un riferimento si trova anche agli investimenti mafiosi nelle attività di Berlusconi. Ma Riina sembra non sapere nulla di preciso. Nei loro lunghi dialoghi i due carcerati fanno, poi, spesso riferimento alla strage di Capaci. «Ho vinto da strafare», esulta. Poi Riina racconta all'amico come seguì in tv la cronaca dopo l'attentato. «Mentre era al telegiornale...sono feriti lui e la moglie. Minchia feriti! Poi nel mentre il telegiornale: è morto Falcone. Ti metti là minuto per minuto, no? Ci siamo! Ci siamo! Ci siamo!», dice. «Minchia ho detto - racconta - ma guarda che bordello. La moglie è viva, è viva. Dopo dieci minuti dice l'hanno ammazzata pure». Spesso il boss corleonese fa riferimento a politici nazionali: come Giulio Andreotti che definisce «il più grande politico di sempre. Berlusconi di fronte ad Andreotti è come le formiche nell'olio», dice. Mentre sull'ex Guardasigilli Claudio Martelli è durissimo: «Minchia si è preso i voti nostri e dietro ce l'ha messa». Non è chiaro se Riina parli sapendo di essere intercettato. Se da un lato si autoaccusa di omicidi, eccellenti e non, stragi e complotti, dall'altro però smentisce uno dei capisaldi della tesi dei pm sull'esistenza della trattativa Stato-mafia: il papello, l'elenco con le richieste del boss per fare cessare le stragi. Il capomafia nega di averlo mai consegnato ad alcuno e definisce il pentito Giovanni Brusca, che racconta proprio del papello, un «pallista». Giudizi poco lusinghieri dà anche di un altro testimone dell'accusa, Massimo Ciancimino. Tantissimi gli spunti anche alla famiglia, ai figli. È di oggi peraltro la notizia della conferma della condanna all'ergastolo del primogenito Giovanni per alcuni omicidi di mafia. E non mancano cenni alla sua latitanza: Riina si vanta di averla passata da uomo libero fino al 15 gennaio del 1993, giorno del suo arresto. Da oggi il capitano dei carabinieri che lo catturò, Sergio De Caprio, in arte «Ultimo», è senza scorta.
Caricamento commenti
Commenta la notizia