PALERMO. «Nel '91 partecipai alla famosa riunione della resa dei conti di Cosa nostra dove si decise l'eliminazione dei politici ritenuti inaffidabili, come Lima, i Salvo, Mannino, Vizzini e Andò, e i magistrati ostili come Falcone e Borsellino». A raccontare della dichiarazione di guerra pronunciata dal boss Totò Riina in una drammatica riunione della Commissione è il pentito Nino Giuffrè che sta deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia.
Giuffrè ha anche raccontato che dal 1987 la mafia spostò i suoi voti dalla Dc al Psi e ai Radicali. «Dopo la riunione - ha aggiunto - iniziò una politica di aggressione a chi veniva
considerato un traditore». La riunione della «resa dei conti» avvenne a dicembre del 91, poco dopo la cassazione confermò gli ergastoli del maxiprocesso. «Fu la goccia che fece traboccare il vaso», ha detto Giuffrè. «Ma già a dicembre si vociferava - ha aggiunto - che la sentenza sarebbe andata male».
«Nel '93 c'è l'inizio di un nuovo capitolo: si apre un nuovo corso tra Cosa nostra e la Politica.
Provenzano all'inizio era un po' freddo - continua Giuffrè - poi, parlando di Dell'Utri e di Forza Italia, mi disse "Siamo in buone mani". In Cosa nostra ci adoperammo tutti per dare una mano a Forza Italia, la forza politica che allora stava nascendo». Il collaboratore di giustizia ha indicato nell'ex senatore Marcello Dell'Utri il tramite tra la mafia e Silvio Berlusconi. «Dell'Utri - ha aggiunto - era in contatto con Brancaccio e coi fratelli Graviano».
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