PALERMO. Storie di mafia, di confini, di liti per il potere e anche di droga. Le indagini condotte sul «Nuovo mandamento» avevano consentito inizialmente di ridisegnare i confini del mandamento di San Giuseppe Jato, che rispetto al passato aveva assunto una conformazione parzialmente diversa inglobando le famiglie mafiose di San Giuseppe Jato e San Cipirello, Camporeale, Piana degli Albanesi, Monreale, Montelepre e Giardinello ed escludendo quella di Altofonte, lasciata alle dipendenze del mandamento di Villagrazia-Santa Maria di Gesù.
A capo del superclan, subito dopo l’uscita dal carcere il 5 novembre 2011, era stato nominato Antonino Sciortino, 51 anni, ufficialmente allevatore ma di fatto fedelissimo di Mimmo Raccuglia e della famiglia Vitale di Partinico. Dopo avere lavorato di «taglio e cucito» per ridisegnare i confini, Sciortino si occupò personalmente della rimozione di Sergio Damiani — reggente di Monreale, al posto del quale venne piazzato Vincenzo Madonia — e dell’avanzata di altri suoi fedelissimi, come Giuseppe Lucido Libranti, che da capodecina del territorio di Pioppo diventò portavoce e vettore delle direttive di Salvatore Mulè e dello stesso Antonino Sciortino.
Grazie a un meticoloso lavoro di intercettazioni e pedinamenti, i carabinieri del Gruppo di Monreale, guidati dal colonnello Pierluigi Solazzo, sono riusciti a dare un nome e un volto a capi, sottocapi e gregari: da Montelepre, dove era stato confermato e poi rimosso Giuseppe Lombardo, a Giardinello, Piana degli Albanesi e Borgetto, dove erano stati confermati Giuseppe Abbate, Francesco Matranga e Antonio Giambrone.
Durante le indagini è stata inoltre individuata, in contrada Arcivocale di Monreale, fra i Comuni di San Cipirello e Corleone, una masseria indicata dagli indagati come «sede centrale» del mandamento dove si svolgevano incontri e riunioni di vertice e dove venivano affrontate tutte le questioni legate al clan: dalla risoluzione di vicende private alla riorganizzazione dell’associazione mafiosa. Nel periodo a cavallo tra febbraio e marzo 2012, a conclusione della fase di riorganizzazione e stabilizzazione dei nuovi assetti di Cosa nostra, le intercettazioni rivelarono anche le tensioni legate a questa operazione. Tensioni che nei territori tra Altofonte e Monreale portarono all’uccisione, il 22 marzo 2012, di Giuseppe Billitteri, ambulante incensurato nonché zio di Sergio Damiani, il capomafia destituito da Sciortino. Billitteri fu ucciso e fatto sparire. Il suo corpo non è stato ancora ritrovato.
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