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Il blitz contro il clan di Porta Nuova. Fermi convalidati, solo uno scarcerato

Non passa il vaglio del Gip l’accusa di mafia per Giuseppe Di Maio. Arresti in casa per altri 4

L’impianto della Procura, soprattutto in relazione alle accuse di associazione mafiosa ed estorsione aggravata, ha passato il vaglio del Gip Riccardo Ricciardi. Restano così in carcere buona parte dei fermati nell’operazione «Alexander» dei carabinieri, messa a segno mercoledì scorso. L’unico accusato  per il quale il giudice non ha convalidato il fermo è Giuseppe Di Maio, «il bloccato», che così è tornato libero. A quattro indagati invece è statasostituita la custodia cautelare in carcere, con una misura più lieve, quella degli arresti domiciliari. Si tratta di Pietro Compagno, Giacomo Rubino, Francesco Tarantino e Francesco Paolo Nuccio, che ieri hanno dunque lasciato le loro celle e sono tornati a casa. Ritenute fondate tutte le gravissime accuse mosse al presunto capo del mandamento di Porta Nuova, Alessandro D’Ambrogio, soprannominato «’u nicu», formalmente titolare di un’agenzia di pompe funebri in via Majali, a Ballarò. Dalle intercettazioni è emerso come il suo «ufficio» fosse meta di pellegrinaggio per tante persone, anche da quartieri diversi e fuori dai confini del mandamento di Porta Nuova, per chiedere tutta una serie di favori e di autorizzazioni. Una figuara «carismatica», dicono gli investigatori, che avrebbe mantenuto il controllo del territorio proprio restando vicino alla gente, partecipando, per esempio, anche alla processione del Madonna del Carmelo, popolarissima a Ballarò. Fondate, secondo il Gip, anche le accuse sostenute nei confronti di quello che sarebbe stato il braccio destro di D’Ambrogio, Antonino Ciresi, detto «zio Nino» , già in carcere prima del blitz perché accusato di essere stato uno dei taglieggiatori dello chef Natale Giunta. (Nella foto: Giuseppe Di Maio)

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