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Metano e mafia, ecco come operava la "Gas spa"

Svelati gli affari segreti e il giro di tangenti della società al centro delle indagini della Guardia di finanza: coinvolti politici siciliani

PALERMO. La società di metanizzazione al centro dell'operazione della Guardia di finanza che ha portato al sequestro di beni per 48 milioni di euro è la Gas spa. Le vicende societarie e le attività della Gas sono state ricostruite nell'ambito di un altro filone di indagine che l'aveva individuata come lo snodo di un giro di tangenti a politici siciliani. La Gas è stata costituita negli anni Ottanta da un funzionario regionale, Ezio Brancato, morto nel 2000. Il provvedimento di sequestro colpisce i suoi eredi: le figlie Monia e Antonella Brancato, rispettivamente di 34 e 31 anni, e la moglie Maria D'Anna, di 67. Socio occulto dell'imprenditore sarebbe stato Vito Ciancimino mentre le quote azionarie erano divise tra lo stesso Brancato e il tributarista Giovanni Lapis, arrestato e condannato per avere riciclato nel gruppo parte del «tesoro» di Ciancimino.    Utilizzando appoggi politici, la società si è sviluppata fino a ottenere 72 concessioni per la metanizzazione di comuni della Sicilia e dell'Abruzzo.

Tra il 2003 e il 2004 l'azienda è stata ceduta a una holding spagnola, la Gas natural, per 115 milioni di euro. L'operazione sarebbe stata favorita, come ha rivelato Massimo Ciancimino subentrato al padre, dalla distribuzione di tangenti a politici siciliani. Dall'inchiesta sono affiorati i nomi degli ex ministri Saverio Romano e Carlo Vizzini e dell'ex assessore regionale Salvatore Cintola (poi morto). La Procura di Palermo ha ipotizzato il pagamento di tangenti legate alla concessione di appalti che avevano fatto crescere il valore della società Gas. Altre sarebbero state pagate come «contropartita» di un provvedimento legislativo: la legge 350 del 24 dicembre 2003 che previde per le aziende del gas un abbattimento dell'Iva e contributi per i trattamenti pensionistici. I politici chiamati in causa hanno sempre negato di avere preso soldi in cambio di «favori». E alla fine le loro posizioni sono state archiviate. È andata invece avanti l'indagine sui legami tra le società del gruppo e personaggi di mafia o comunque vicini a Cosa nostra. E da questo filone è scaturito ora il sequestro dei beni.

Il provvedimento riguarda diversi terreni tra Partinico e Sclafani Bagni, in provincia di Palermo. Appartamenti e autorimesse a Palermo e Arzachena, in provincia di Sassari. Immobili, uffici, fabbricati commerciali, opifici industriali e negozi tra Palermo e Balestrate, paese della Provincia. E ancora: il 50% della Tmi srl, con sede a Brescia, in via Cefalonia 24. L'intero capitale sociale della ditta individuale di Maria D'Anna, che si occupa di colture miste viti-vinicole, olivicole e frutticole. L'intero capitale sociale e complesso dei beni aziendali delle immobiliari, Victoria, Emb, Chloe e Ambra: le cinque società, tutte srl, hanno sede a Palermo, in piazza Alberico Gentili 12. Sequestrati anche il 50% della Antichità Franconeri srl con sede a Palermo via Isidoro La Lumia 50. Il 39% della Res srl con sede a Palermo via Libertà 78, società di commercio all'ingrosso di prodotti petroliferi. Il 50% della Gr Gioielli srl, con sede a Palermo in via Siracusa e un 1/3 del capitale sociale della "R2B srl" con sede a Palermo via Siracusa 16, società che si occupa di fabbricazione di bigiotteria ed articoli simili. Infin, disponibilità finanziane, polizze assicurative, deposito titoli, fondi comune di investimento, polizze assicurative per oltre 3 milioni di euro.

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