
PALERMO. «Quando si ha paura dell’immediato futuro e quando si ha la convinzione o percezione di aver fallito, si può arrivare a compiere dei gesti del genere. Quando ci si sente con le spalle al muro, quando non si vede un domani, c’è il rischio che possano succedere queste tragedie». La psicologa Roberta Bruzzone, 39 anni, presidente dell’accademia internazionale di scienze forensi e criminologa tra le più famose in Italia (si è occupata di tutti i casi di cronaca nera più eclatanti degli ultimi anni, dal delitto di Cogne all’omicidio di Sarah Scazzi al suicidio di Luigi Tenco), analizza la tragedia di Ivan Irrera, che si è tolto la vita dopo aver sparato ed ucciso nel sonno il figlio Gianluca, di 7 anni, nella loro casa a Misilmeri, nel Palermitano.
DOTTORESSA, COME SPIEGA QUESTA ESCALATION DI DELITTI DOVE I GENITORI COINVOLGONO I FIGLI FINO AD UCCIDERLI?
«Purtroppo non parlerei di escalation, visto che il numero di delitti di questo genere è molto, molto alto orma già da anni. Si tratta dell’ennesima dimostrazione che spesso il clima familiare è compromesso, anche se in questo caso mi sembra chiara la componente fortemente depressiva che aveva colpito l’uomo, probabilmente già da molto tempo, e che lo ha portato a compiere questo terribile gesto».
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