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«Dal fiume al mare», quello slogan che istiga all’odio reciproco

«È un’espressione che spesso fa capolino tra i nostri manifestanti. In realtà, è uno slogan brandito sia dagli estremisti israeliani sia palestinesi per negarsi reciprocamente il diritto ad esistere»

Gli italiani possono andar fieri, comunque la pensino, delle manifestazioni che hanno pacificamente (con qualche eccezione) inondato le città a sostegno della causa palestinese. Tutti desiderano spezzare la spirale di morte cominciata da Hamas il 7 ottobre contro inermi israeliani e trasformatasi in uno sterminio sistematico di palestinesi a Gaza ad opera di Netanyahu.

Non dobbiamo, però, commettere l’errore di cedere agli opposti estremismi. Ci sono parole che aiutano a costruire un futuro di pace tra i due popoli e altre che promettono guerra eterna. «Dal fiume al mare», ad esempio, è un’espressione che spesso fa capolino tra i nostri manifestanti. In realtà, è uno slogan brandito sia dagli estremisti israeliani sia palestinesi per negarsi reciprocamente il diritto ad esistere.  In Germania, lo scorso anno alcuni giudici lo hanno considerato sufficiente per condannare i manifestanti che lo urlavano a titolo di istigazione all’odio.

«Due popoli, due stati» per israeliani e palestinesi è, invece, un baluardo tanto negletto quanto irrinunciabile ancor oggi e per arrivarci occorre isolare gli estremisti, tornando a trattare. Le parole sono importanti: dobbiamo decidere se usarle per alimentare odio o per costruire ponti di pace.

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