Eduardo Galeano teorizzava che «il calcio è uno specchio della società: in questo gioco si riflettono le sue virtù e i suoi difetti». Un assioma. Una carezza al valore etico e antropologico dello sport più popolare al mondo. Nonché un faro acceso sui suoi sempiterni disvalori. E nell'italico carrozzone della pedata che in questo week end si rimette a cingolare sulle passioni e spesso le frustrazioni dei suoi tifosi, un posto particolare proverà più che mai a ritagliarselo un nuovo, speranzoso e sulla carta lussureggiante Palermo. Riflesso e allo stesso tempo contraltare di una città che di nuovo ha poco, di speranze vive e di lussureggiante riempie i suoi impolverati libri di una storia che fu. Il Palermo di uno sceicco, nella Palermo del cosmopolitismo fattosi guazzabuglio. Il Palermo di un campione del mondo in panchina, nella Palermo che alla memoria del suo rampollo calcistico più celebre omaggia un’aiuoletta spartitraffico. Il Palermo che nel suo nuovo outfit fa dilagare il rosa, lasciando il nero alle ombre di una città che si scopre più insicura, in un realismo incupito dell’ordinario quotidiano senza la visione accesa su una fulgida proiezione di futuro.
Non è peggiore di ieri, come i nostalgici esegeti di una stagione che promise tanto e meno fu declamano a ogni soffiar di refolo contrario. Ma appare oggi poco incline a un domani migliore, se non altro perché a quel domani poco guarda. A meno che non ci si voglia solo attaccare a un tram.
E allora confidiamo sul Palermo, verrebbe da dire. Risorto sei anni fa dal marcio del suo ennesimo fallimento e ora riproiettato – esso sì – verso un domani che può apparire molto migliore. La psichedelica amichevole coi fratelli maggiorissimi del City ne ha lustrato l’immagine e impomatato l’ego, ma adesso c’è da buttarla sul pragmatico. E, a meno che non ci si voglia crogiolare sullo sguardo ammirato con diramazione social del vichingone Haaland, sarebbe meglio cominciare a occuparsi (e preoccuparsi) dei tanti Gondo e Tavsan – primi onesti operai di categoria, in maglia reggiana – che ne intralceranno il cammino. Verso la Serie A? Al bando la scaramanzia, vivaddio: non è una speranza, è un obiettivo. Chiaro e concreto, ragionevole e perseguibile. Poi, si sa, il pallone rotola e le lune spesso si storcono. E però c’è una luce accesa laggiù in fondo al tunnel cui si arriverà slalomeggiando fra 38 curve: «Amunì». E se lo dicono e motteggiano in viale del Fante, chi siamo noi per non crederci.
Ci crediamo, dunque. E ci siamo. Nell’anno in cui il Palermo festeggia i suoi 125 natali di una non sempre gloriosa – ma assai fascinosa – vita, noi del gruppo Giornale di Sicilia che di anni ne avevamo già 40 quando nell’edizione del 19-20 dicembre 1900 sulle sue «Note mondane» Frak Rosso annunciava che «Il primo novembre si è fondato a Palermo l’Anglo-Palermitan Athletic and foot-ball Club», scendiamo in campo non solo idealmente al fianco di Brunori & C. Con le radiocronache su Rgs, le dirette testuali su Gds.it, le live in studio e le incursioni pop di Sasà Salvaggio su Tgs, le curiosità e le informazioni dettagliate sullo speciale Alè Palermo che i tifosi troveranno dentro al quotidiano e sulle poltroncine delle tribune del Barbera. E con una sbornia di notizie quotidiane dalla carta al vetro all’auricolare che tratteggeranno la cronaca di nove mesi di campionato, sperando ardentemente che possa tracimare nella storia. Senza bislacche operazioni di marketing mediatico, ma col reale intento di sostenere le sorti rosanero, pur non derogando mai all’obiettività del giudizio.
Tormenti ed estasi del resto si alterneranno dentro e fuori i 90 minuti, ma da queste parti siamo certo temprati e scafati. La corsa in parallelo dei destini della città e della sua squadra è incisa a fuoco sul granito delle rispettive storie contemporanee. Gli anni bui del piombo qui e della mediocrità lì (macchiata perfino essa dal sangue per mano mafiosa), gli anni esaltanti della rinascita qui e dell'Europa lì, gli anni mesti della regressione qui e dello sfaldamento lì praticamente coincidono, in una sorta di sovrapposizione darwiniana dei generi. E dunque torniamo a Galeano, scrittore e saggista sudamericano che la sapeva lunga: leggendo il suo Splendori e miserie del gioco del calcio, ne sapremmo tanto di più sulla vita, pur parlando solo di pallone. Che è come saperne tanto di più di Palermo, parlando solo del Palermo. A cui da oggi auguriamo una stagione vincente. Ne gioverebbe certo l’intera città. Anche se è pur vero che «il pallone è una bella cosa, ma non va dimenticato che è gonfio d’aria», come ha sentenziato un altro grande saggio di calcio e vita. Tal Giovanni Trapattoni.

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