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Il giudizio etico non attende quello penale

PALERMO. Ars,cerimonia insediamento 18°legislatura,elezione presidente Gaetano Galvagno. ..Ph.Alessandro Fucarini

Un’autodifesa, neanche troppo accorata, senza alcuna risposta nel merito dei fatti. Puntando sulla logica asettica dei numeri più che sulla sostanza degli argomenti. E delle accuse. Una difesa della sua portavoce - questa sì particolarmente accorata - che, confermando la scelta di parlare per cifre, finisce per giustificare un metodo non proprio ortodosso ma che avrebbe mutuato dagli anni di esperienza in Mediaset (dove immaginiamo non saranno felicissimi della cosa). E infine una chiamata in correità dell’intero Parlamento sull’affaire delle mance a benefici collegiali e delle prebende a fini elettorali. Che stride però con le lodi all’operosità (e giù con la mitragliata di numeri) della stessa assemblea che nel 2022, a soli 37 anni, fu chiamato a guidare, su diretta indicazione del suo mentore Ignazio La Russa (passato all’incasso dopo aver fortemente spinto su Forza Italia per lanciare la presidenza Schifani).

Il rituale ventaglio dono della sala stampa non poteva certo attenuare i bollori di una vicenda giudiziaria che deve ancora giungere a compimento. E bene tutto sommato ha fatto Gaetano Galvagno a dire che non basta un’indagine ancora neanche conclusa per imporre dimissioni per editto. Così come è vero che bisognerà attendere la magistratura giudicante - non certo solo quella inquirente - per leggere (e non emettere a furor di popolo) una sentenza. Ma se - ribadendo quanto abbiamo affermato in passato - non tutto ciò che emerge dalle intercettazioni di questa delicata indagine avrà rilievo penale, non si può certo occultarne o sottovalutarne il rilievo etico. Diremmo anche politico, se non fosse che qui più che altrove i voti si contano e non si pesano e certe vicende finiscono per essere derubricate nel segreto dell’urna.

Ecco perché Galvagno non ci ha convinti. Scherzare sull’occhio del Grande Fratello non serve, immaginiamo che agli inquirenti bastino e avanzino gli audio. Così come non serve ironizzare sulla necessità di «un regolamento da scuola elementare» per sapere cosa si può o non si può fare con l’auto blu. Un bignamino sul tema ci pare a questo punto indispensabile. Anche la difesa della fedelissima Sabrina De Capitani è apparsa un po’ sopra le righe. Sostenerla additando i bilanci in crescita della Fondazione Federico II è pilatesco. Così come parlare di «metodi manageriali» riguardo al suo modo - alquanto spregiudicato - di interloquire ci sembra di dubbio gusto.

Ha ragione il nostro editorialista Costantino Visconti: chiunque in Sicilia eserciti un pubblico potere deve aver chiaro che la fiducia, come la intendeva Paolo Borsellino, non è una «quantità» accettabile pure in «modiche quantità», piuttosto una «qualità» che c’è o non c’è e in sua assenza il munus pubblico perde l’anima. Lo scriveva su queste colonne lo scorso 19 luglio, per le commemorazioni di via D’Amelio. A cui il presidente dell’Ars ha ritenuto di non presenziare, optando per un fin troppo strombazzato ricevimento matrimoniale...

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