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Il messaggio di Paolo e la qualità della fiducia

«La via obbligata per la rimozione delle cause che costituiscono la forza di Cosa nostra passa attraverso la restituzione della fiducia nella pubblica amministrazione», così parlava Paolo Borsellino in un convegno nel 1989. E continuava: «Nessun impiego anche massiccio di risorse finanziarie produrrà benefici effetti se lo Stato e le pubbliche istituzioni in genere non saranno poste in grado e non agiranno in modo da apparire imparziali detentori e distributori della fiducia necessaria al libero e ordinato svolgimento della vita civile».

Il testo ribadisce l’elevato profilo culturale e intellettuale del magistrato: uomo colto e aggiornato anche sugli studi sociologici più recenti, nonché dotato di un’acuta visione politica verosimilmente grazie alla sua militanza nella destra giovanile. Fiducia, quindi. Dei cittadini nei pubblici poteri. E questi ultimi «imparziali detentori e distributori della fiducia».

Chiunque in Sicilia oggi eserciti un pubblico potere, a cominciare dallo scranno più alto dell’Ars, deve aver chiaro che la fiducia, come la intendeva Borsellino, non è una «quantità» accettabile pure in «modiche quantità». Piuttosto è una “qualità” che c’è o non c’è e in sua assenza il munus pubblico perde l’anima. Onorare una memoria condivisa e non divisiva, come quella dei caduti di via D’Amelio, significa anche questo: non perdere l’anima.

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