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Contro la mafia repressione e sviluppo economico sano

«Ci vuole un rinnovamento radicale del sistema economico di sviluppo della nostra Isola, che metta a frutto le sue potenzialità culturali, paesaggistiche e agricole. Va realizzata un'economia sana»

In seguito all'ultima retata che ha colpito 181 mafiosi provenienti da alcune zone della città di Palermo, sorge una domanda piuttosto imbarazzante. Se 181 sono i mafiosi di alcuni mandamenti, perlomeno altrettanti potrebbero essere quelli degli altri mandamenti; centinaia di persone sono già nelle carceri; ciascun mafioso fa capo a una famiglia; a loro volta, in rapporto con le famiglie mafiose, ci sono diverse reti di collaborazione (spacciatori di droga, esattori di pizzo, gestori delle agenzie di scommesse, acquirenti e venditori di armi on line e così via), organiche o contigue all’associazione. Ma qui la domanda: in questo scenario c’è qualcuno che non abbia contatti con la mafia nella città di Palermo? La domanda è legittima anche se potrebbe risultare offensiva nei confronti della maggior parte dei cittadini, se non proprio della quasi totalità di essi.

Superato l’iniziale senso di sgomento di fronte all’ampiezza del coinvolgimento mafioso, abbiamo la certezza che qualche battaglia è ancora in corso, ma non per questo la vittoria sulla mafia è compromessa! Proprio la suddetta retata ci fa comprendere che lo Stato è in grado di colpire la mafia; la magistratura e le forze dell’ordine sono stati capaci di dribblare le nuove metodologie dell’organizzazione malavitosa decriptandone messaggi e ricostruendo le nuove reti di collaborazione delinquenziale. Inoltre, accanto al generoso lavoro dei magistrati e delle forze dell’ordine, continua l’impegno portato avanti dalle scuole e dalle diverse associazioni antimafia. Parimenti vanno ricordati il No mafia Memorial col suo servizio permanente di informazione, le ricerche e le pubblicazioni sempre più numerose (scritti e riviste), che danno un quadro storico sempre più preciso e analisi pertinenti che illuminano il presente. E come dimenticare la testimonianza eroica di tante persone (magistrati, forze dell’ordine, preti, cittadini), che hanno offerto la loro vita per la comunità? Riconosciamo che negli ultimi anni il tema è stato ridimensionato e marginalizzato; ma, nonostante ciò, siamo certi che tutto il lavoro cui abbiamo accennato ha fatto crescere una coscienza civile diffusa e reattiva nei confronti del fenomeno mafioso.

Ma non ci possiamo limitare a constatare i due aspetti opposti della stessa medaglia; da un lato, la nuova coscienza civile e comunitaria antimafiosa, cui hanno contribuito anche le diverse chiese cristiane con la scomunica ai mafiosi; e dall’altro lato, il riproporsi anacronistico di rinnovate organizzazioni mafiose, che inquinano i nostri quartieri popolari e si infiltrano anche nelle stanze del potere. Dobbiamo riconoscere che, nonostante quanto sia stato fatto sul piano culturale, politico e religioso, ancora manca qualcosa di importante. Accanto al momento repressivo delle forze dell’ordine e accanto al momento formativo di tutte le agenzie educative, che fanno da resistenza comune alla mafia e alle sue organizzazioni, bisogna affiancare altri due aspetti non meno importanti.

In primo luogo ci vuole un rinnovamento radicale del sistema economico di sviluppo della nostra Isola, che metta a frutto le sue potenzialità culturali, paesaggistiche e agricole. Va realizzata un'economia sana, nella quale il lavoro venga stimato e rispettato; va favorita una situazione nella quale il lavoro viene offerto a tutti suscitando l’orgoglio di guadagnarsi un pezzo di pane pulito e rappresenti per tutte le persone, a partire dai nostri giovani, la possibilità di autorealizzarsi mettendo a frutto le migliori risorse professionali e creative. Tutto questo va monitorato permanentemente da un’analisi seria della condizione economica dell’Isola da parte delle istituzioni accademiche (con le quali ipotizziamo una collaborazione continua) evidenziando, oltre che le potenzialità, gli aspetti improduttivi, dispersivi, fuorvianti. In secondo luogo l’amministrazione della cosa pubblica deve essere in grado di promuovere il bene della collettività e quindi di tutte le componenti sociali, con un sistema che sia impermeabile alle interferenze corruttive. Abbiamo l'impressione che tante volte non solo si insinuano logiche di parte ma che tanta opacità caratterizza la gestione dei fondi pubblici, spesso spesi male o addirittura non spesi per indolenza o per incapacità organizzativa.

Le carenze evidenziate nei due aspetti sopra accennati favoriscono quella disaffezione alla politica, che, a sua volta, può diventare indifferenza alla cosa pubblica e assuefazione al malcostume, il tutto accettato come qualcosa di inevitabile. A questo punto è facile pensare che «la politica è sporca»; ma è proprio questo l’humus nel quale l’organizzazione mafiosa tende a legittimarsi col suo denaro «sporco». Comprendiamo meglio, allora, che l’intervento repressivo delle forze dell’ordine e il lavoro formativo di tutte le agenzie educative sarà tanto più efficace quanto più vengono promossi un modello economico di sviluppo sano e un sistema amministrativo trasparente. Ben venga la cattura dei delinquenti, ma preveniamo il malaffare con un sistema economico e socio-politico che abbia anticorpi che non lo fanno attecchire.

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