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Principato: «La crisi ha colpito anche i padrini, la droga sostituisce il pizzo e gli appalti»

Per il procuratore aggiunto i mafiosi sono costretti a tornare alle origini. Il canale con Napoli non è l’unico, c’è pure quello con il Sudamerica

PALERMO. «È un fatto assodato che Cosa Nostra continui a consolidare l’asse Napoli-Palermo per rifornire il capoluogo di droga, ma è certo anche che stia cercando nuovi allacci per espandere i suoi traffici. La mafia, per quello che le nostre indagini ci dicono, sta riprendendo le vecchie rotte, contendendole o affiancandosi alla Calabria, che in questo lungo periodo di inattività delle famiglie palermitane, aveva ottenuto la leadership incontrastata nel commercio della droga». L’analisi arriva dal procuratore aggiunto di Palermo, Teresa Principato, nel giorno dell’operazione «Vai e Vieni», effettuata dagli uomini della sezione Antidroga della squadra Mobile, che ha portato all’arresto di otto persone, di cui cinque appartenenti alla famiglia di Francesco Fascella, detto Ciccio, condannato per associazione mafiosa, ex reggente del quartiere della Guadagna. Le indagini, iniziate nel luglio 2008 hanno portato di fatto alla disarticolazione dell’intero organigramma criminale, dedito all’approvvigionamento di droga dell’intera città e al sequestro di circa un quintale e mezzo di sostanza stupefacente, dal valore di circa due milioni di euro.

Dalle indagini è emerso chiaramente che l’asse della droga Palermo-Napoli continua ad essere molto solida, nonostante i «colpi» che le forze dell’ordine hanno assestato negli ultimi anni alla criminalità organizzata del capoluogo.

«Senza dubbio, come è chiaro il fatto che la mafia, adesso più che mai, ha bisogno della droga come fonte di sostentamento. Non sono passati molti anni da quando Cosa Nostra si era quasi defilata dal grosso giro, lasciando ad altri “concorrenti” questo compito, ma adesso le cose sembrano essere decisamente cambiate. La crisi ha colpito tutti, anche la mafia e i suoi padrini. Si tratta sicuramente di difficoltà diverse, dovute anche al lavoro delle forze dell’ordine, che ha “tagliato” dei canali di sostentamento vitali alla criminalità organizzata. Penso, ad esempio, agli appalti pubblici e privati, alle nuove forme di energia pulita che facevano gola ai boss, passando anche dal pizzo, con i commercianti ridotti all’osso dagli scarsi guadagni. In tutto questo, Cosa Nostra si è dovuta prendere, diciamo così, dei rischi in prima persona, esponendosi sempre di più nel traffico di sostanze stupefacenti. Fino a qualche tempo fa non era così: la mafia mandava avanti personaggi non di spicco, adesso questo non se lo può più permettere. Cosa Nostra ha bisogno dello spaccio, Cosa Nostra in un certo senso è nata con lo spaccio, dunque in un certo senso questo è un “ritorno alle origini”. Ricordiamo che la mafia, nei primi del Novecento, a Castellammare importata ed esportava sostanze stupefacenti, aveva impiantato anche una raffineria. Dopo sono arrivate le nuove leggi, con delle pene pesantissime legate al traffico di droga, e quindi diciamo che ha preferito virare altrove. Certamente l’asse tra Palermo e Napoli è consolidata da decenni e ci sono tentativi per continuare a seguire questa rotta e a potenziarla, ma le indagini ci dicono che la criminalità organizzata locale sta tentando si espandersi, di agganciare delle nuove rotte per i suoi traffici, e non parliamo sicuramente di piccole dosi».

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