«Sussistono urgentissime esigenze di tutela di beni primari in ragione della prossima competizione elettorale del 12 giugno: in assenza di adeguate misure cautelari l’esercizio del diritto-dovere di voto di una estesa parte dell’elettorato diverrebbe merce di scambio da assoggettare al condizionamento e all’intimidazione del potere mafioso e dunque sottratto al principio democratico». Così la Procura di Palermo ha motivato al gip la richiesta di arresto del candidato di Fdi al Consiglio comunale Francesco Lombardo e del boss Vincenzo Vella, finiti in manette ieri per scambio elettorale politico-mafioso. Gli interrogatori di garanzia davanti al gip si terranno lunedì.
Due arresti in tre giorni, indagini concluse in due settimane, un intervento in tempi record per evitare l’inquinamento del voto. Ritmi «anomali» per una giustizia ingolfata che solitamente procede in termini di anni. È il frutto della nuova organizzazione del lavoro decisa dal procuratore aggiunto Paolo Guido che, su delega dell’ex capo dei pm Franco Lo Voi, coordina ora tutte le indagini di mafia del distretto palermitano. Una scelta, quella di concentrare su un singolo magistrato la guida delle inchieste sulla criminalità organizzata, che aveva sollevato qualche critica, ma che evidentemente dà frutti.
In pochi giorni la Procura, anche grazie alla tempestività dell’ufficio gip, ha chiuso due indagini su scambi elettorali politico-mafiosi, scoprendo due aspiranti consiglieri comunali di Palermo che avrebbero chiesto i voti alla mafia. A inizio settimana erano stati arrestati un candidato di Fi, Pietro Polizzi, e un costruttore mafioso, Agostino Sansone.
La svolta è nel metodo investigativo: visione unitaria dei fatti e delle inchieste, la polizia giudiziaria chiamata ad ascoltare le intercettazioni quotidianamente, i pm tenuti ad acquisire le informazioni dagli investigatori in tempo reale, decisioni prese in via esclusiva dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo.
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