PALERMO. Borsone in spalla, poche lacrime quasi di rito ogni volta che si va via per «qualche» giorno in più e parecchi sorrisi per quello che si troverà. O almeno si spera.
Ogni anno, puntuale, si ripete quella splendida storia degli studenti che «abbandonano» viale delle Scienze per andare alla volta di aule e città universitarie rigorosamente estere: 3190, per l'esattezza, coloro che tra il 2009 e il 2015 non si sono fatti sfuggire la borsa di studio Erasmus, con un incremento medio del l'11%. E se 2851 lo hanno fatto per «dare materie», gli altri 319 per vivere l'esperienza del tirocinio.
Numeri che - stando alla classifica stilata dall'Agenzia nazionale Indire - piazzano l'Università di Palermo al 10° posto in Italia in fatto di mobilità Erasmus e che quest'anno non accennano a diminuire, anzi: 856 i vincitori di borsa di studio che, se confermeranno la propria volontà di andare fuori, partiranno nel corso del nuovo anno accademico.
«La firma dei contratti è in corso esordisce Ada Maria Florena, delegato del rettore per l'Internazionalizzazione - e i numeri sono confortanti. Dal 2000 in poi, abbiamo sempre registrato una crescita del numero di chi sfrutta una delle opportunità fornite dall'Erasmus». Viaggi per studio, per tirocinio o come visiting, infatti, sono le misure previste dal programma di mobilità estera.
Scendendo nel dettaglio dei dati, dunque, sul fronte degli studenti dell' Università di Palermo che decidono di andare fuori, l'ateneo registra che sono stati: 646 quelli che lo hanno fatto per studio nel 2015/2016, contro i 643 del 2014/2015; 114 quelli che lo hanno fatto per tirocinio nel 2015/2016, a fronte dei 106 dell' anno precedente; e ancora, 139 e 137, rispettivamente nel 2015/2016 e 2014/2015, i visiting, gli studenti cioè che vanno all'estero (o arrivano in città) in autogestione, al di là della logica degli esami da superare o dei tirocini formativi da sostenere.
«Tre gli obiettivi dell' Erasmus - continua Florena -: arricchire il percorso didattico confrontandosi e arricchendosi degli input che possono arrivare da realtà accademiche con approcci diversi dal nostro, vivere una vera e propria esperienza di vita, acquisire la conoscenza di una lingua ad un livello che va ben oltre i libri». Il tutto con l'obiettivo di «fornire ai nostri ragazzi le conoscenze e gli strumenti che serviranno loro a trovare un po sto di lavoro nel mondo - sottolinea il delegato del rettore -. Il ruolo dell'Università è cambiato, tradizionalmente consegnava i giovani ad un mondo del lavoro che aveva diverse prospettive e dunque poteva limitarsi ad essere un ponte culturale, oggi non è più così. Dobbiamo prepararli secondo le esigenze del 2016, di un' offerta didattica moderna e di un mercato del lavoro globale».
E in questo percorso l'ateneo di viale delle Scienze sembra avere imboccato la strada giusta: oltre ad essere 10° tra le università nazionali per mobilità Erasmus, è anche «tra le prime 100 in Europa, stando alle ultime rilevazioni relative all'anno accademico 2013/2014», conclude Ada Maria Florena. Al punto che tutto questo gli è valso un aumento del budget per il 2016/2017: l'Agenzia nazionale Erasmus, infatti, ha stanziato 150 mila euro in più per Palermo, facendo lievitare così il portafoglio a 1 milione e 300 mila euro: 950 mila euro saranno destinati alla mobilità per studio, 150 mila euro per i tirocini, 30 mila euro per la mobilità di docenti stranieri e dello staff d'ateneo e le somme restanti per gli stranieri che arrivano in città.
«Dobbiamo aumentare l'incoming - dichiara il rettore Fabrizio Micari -, ad oggi il rapporto tra studenti di Palermo che vanno fuori e di altri Paesi che scelgono noi è di 3 a 1, non basta». Anche in questo caso, parlano i numeri: 197 sono stati coloro che hanno scelto la città per ragioni di studio nel 2015/2016, mentre erano stati 195 nel 2014/2015; e 92 quelli che sono venuti a fare un tirocinio qui nello scorso anno accademico, rispetto ai 93 di quello ancora precedente. Un incremento sostanziale si registra nel numero - seppur ancora basso - di visiting: nel corso dei due anni accademici presi come riferimento, sono passati da 5 a 13.
«I ragazzi vogliono vivere un'esperienza internazionale e i dati ce lo confermano, ma dobbiamo crescere sull'incoming - ribadisce -. È chiaro che molto incide la capacità di una città di essere attrattiva, sexy quasi. Resta comunque confortante il dato sui dottori di ricerca stranieri che scelgono l' ateneo di Palermo: il 30% dei posti banditi viene sempre coperto tutto. Possiamo ben sperare conclude Micari -, anche perché i colleghi docenti sono molto attivi, attenti e ben disposti ad iniziative rivolte all'internazionalizzazione. Sarà, forse, anche per il retaggio storico e culturale che ci contraddistingue: il nostro è un popolo da sempre pronto all'integrazione e all'accoglienza».
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