PALERMO. Il cliché è sempre lo stesso: con la mafia che cerca di inserirsi negli appalti pubblici. I carabinieri questa volta hanno colpito la famiglia mafiosa di Borgetto dando esecuzione a 10 misure cautelari, emesse dal gip del Tribunale di Palermo, su richiesta della Procura distrettuale, nei confronti degli esponenti della cosca palermitana. Tutti accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione e intestazione fittizia di beni.
"Le attività tecniche - scrivono gli investigatori - hanno consentito di documentare l’interesse della compagine mafiosa a condizionare le scelte amministrative del Comune di Borgetto, con particolare riguardo all’esecuzione di alcuni lavori pubblici".
Secondo le indagini, a partire dal 2012, i carabinieri di Partinico, coordinati dalla Procura distrettuale di Palermo, hanno avviato un monitoraggio sulla famiglia mafiosa di Borgetto, con particolare riguardo alle figure dei fratello Antonino, Tommaso e Francesco Giambrone. Dalle indagini sarebbe venuto fuori il ruolo di comando assunto da Antonino, rivelando le dinamiche interne dell’organizzazione.
Ma la posizione dei Giambrone non è l'unica ad emergere. L’11 febbraio del 2013 venne scarcerato Nicolò Salto, storico esponente mafioso in opposizione allo schieramento della famiglia Giambrone: una contrapposizione che aveva già condotto ad un omicidio.
Salto, tornato in libertà, secondo gli investigatori aveva cerca immediatamente di imporre la sua presenza sul territorio, tanto che i carabinieri registrano i primi segnali di affermazione in alcuni danneggiamenti a imprenditori locali.
Nell’aprile del 2013, Antonino Giambrone venne arrestato nell’operazione “Nuovo Mandamento”. Poco dopo, in un incontro in corso Roma, a Borgetto, Salto rassicurò il padre dei Giambrone che il figlio non sarebbe stato abbandonato. L’incontro segna una pax mafiosa tra clan rivali e l’affermazione di Nicolò Salto. da lì una serie di fitti incontri tra i Giambrone e Salto che mettono a punto un vero e proprio programma criminale sul territorio.
Il gruppo, a questo punto diretto proprio da Salto, si sarebbe avvalso della collaborazione dei Giambrone per la raccolta delle estorsioni. Il sostegno logistico, invece, sarebbe stato fornito da Antonino Frisina, autista di Nicolò.
"In questo contesto - scrivono ancora gli investigatori -, è stata documentata la condotta di Pino Maniaci, direttore dell’emittente televisiva Telejato, indagato per estorsione per aver ricevuto somme di denaro e agevolazioni dai sindaci di Partinico e Borgetto onde evitare commenti critici sull’operato delle amministrazioni". E al direttore dell'emittente i carabinieri hanno notificato un divieto di dimora nelle province di Palermo e Trapani.
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