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"Svuotavano i loculi e li rivendevano", blitz con 4 arresti al cimitero di San Martino delle Scale

Avrebbero svuotato le tombe nel cimitero di San Martino delle Scale rivendendo loculi e tombe. E’ stato scoperto un gruppo di almeno cinque persone che sono accusate di truffa, falsità in atti pubblici commesse da privati, falsità in certificazioni, violazione di sepolcro, vilipendio delle tombe, vilipendio di cadavere, occultamento di cadavere, distruzione, soppressione e sottrazione di cadavere.

Su ordine della procura della Repubblica di Palermo i carabinieri della compagnia di Monreale,  in esecuzione di un’ordinanza del gip presso il tribunale di Palermo hanno arrestato quattro persone e sottoposto una quinta alla misura cautelare coercitiva del divieto di dimora nel comune di Monreale con obbligo di firma alla polizia giudiziaria.

Si tratta di quattro palermitani Giovanni Messina, di 70 anni; Salvatore Messina, di 38 anni; Salvatore Messina, di 24 anni; Antonino Campanella, di 30 anni; Erminia Morbini, monrealese di 74 anni, per la quale è stato  imposto il divieto di dimora a Monreale e l'obbligo di firma. Inoltre, sono state notificate alcune informazioni di garanzia per altre persone coinvolte.

Dalle indagini dei carabinieri di Monreale è stato ricostruito  l’intero meccanismo alla base della gestione illegale ed illecita del cimitero di San Martino delle Scale, di proprietà della locale Abbazia Benedettina.

Le indagini sono partite da alcune denunce  sulla cattiva gestione del cimitero. Dai  successivi accertamenti è emerso il ruolo di una organizzazione criminale che, nel corso degli ultimi anni, si sarebbe di fatto sostituita ai benedettini, in maniera del tutto abusiva, nella gestione del cimitero, per guadagnare soldi sia dalla vendita delle sepolture sia sui  servizi funerari.

Il gruppo si sarebbe occupato di predisporre le pratiche di sepoltura attraverso la creazione di contratti di acquisto, cessione o rinnovo della concessione dei loculi e delle tombe gentilizie, all’occorrenza falsificati.

Gli indagati avrebbero così falsificato atti pubblici e certificati amministrativi. Ma soprattutto avrebbero di volta in volta individuato  tombe e loculi occupati da salme da potere spostare senza correre il rischio che parenti e prossimi congiunti ne rivendicassero la titolarità.

Il gruppo criminale per agire indisturbato avrebbe anche disattivato il servizio di video sorveglianza installato dal parroco pro tempore prima di effettuare qualsiasi intervento, in modo da eludere qualsiasi forma di eventuale registrazione o semplice monitoraggio.

Avrebbero violato le tombe, i sepolcri e i loculi  già occupati per liberarli,  svuotandoli del tutto o ampliandone la capienza mediante nuove costruzioni completamente abusive per fare spazio a nuove salme.

In alcuni casi avrebbero anche occultato, soppresso e distrutto cadaveri e bare con salme ancora al loro interno. Avrebbero anche spostato salme in altri loculi, sempre tramite l’occultamento di altre bare  che venivano rimosse dalle loro legittime sedi.

Spesso le bare sarebbero state trasportate sempre all’interno del cimitero in altri loculi o in luoghi non visibili ai visitatori del cimitero. Il gruppo criminale avrebbe anche gettato le ossa e i resti umani in  decomposizione in intercapedini ricavate con costruzioni abusive, che poi sarebbero state coperte da materiale cementizio per non lasciarne traccia.

Secondo la ricostruzione dei carabinieri, i guadagni sarebbero arrivati dalle persone che acquistavano e rinnovavano i diritti sui loculi e sulle tombe, sotto forma di donazioni volontarie trattenute in assenza di qualsiasi titolo giuridico regolativo dei rapporti con l’abbazia.

In alcuni casi avrebbero anche minacciato esplicitamente chi si recava al cimitero chiedendo informazioni e rassicurazioni circa gli effettivi luoghi di sepoltura dei propri cari. Avrebbero anche minacciato le persone di  fare perdere la disponibilità di alcuni loculi trasferendo le salme altrove in mancanza del pagamento del denaro per il rinnovo delle concessioni.

In particolare, durante le indagini, è emerso che sono state moltissime le persone che, non trovando una sistemazione per i propri cari estinti, soprattutto nei cimiteri palermitani che vivono uno stato di emergenza continua, si sono rivolti a loro per un posto all'interno del camposanto di San Martino delle Scale, che è saturo da più di 20 anni.

A fronte di un pagamento di 5.000 euro circa e potendo far leva sullo stato di necessità di quelle famiglie, disposte a pagare cifre consistenti pur di garantire una degna sepoltura ai propri defunti, veniva sempre assicurata un'immissione nelle varie sepolture, dopo aver ricavato nuovi spazi attraverso numerose e sistematiche violazioni di sepolcro, in vista di estumulazioni del tutto illegittime. Alcune aree del cimitero di San Martino delle Scale sono state poste sotto sequestro.

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