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Palermo, gli affari della mafia alla Noce con pizzo e feste religiose: 10 arresti. La scalata del boss Musso e gli omaggi

Il boss Giovanni Musso, tra gli arrestati nel blitz

Nonostante i blitz degli ultimi anni nel mandamento della Noce, la famiglia mafiosa della Noce a Palermo ha saputo ricostruire il mandamento con un capo, capi decina e soldati. Con un’organizzazione storica che si tramanda di generazione in generazione.  È quanto emerge dall’operazione “Settimo quartiere”, che ha portato all’arresto di dieci persone legate alla famiglia mafiosa della Noce.

Tra gli arrestati c’è Giovanni Musso, di 47 anni, boss del mandamento mafioso della Noce, che avrebbe riorganizzato in breve tempo il mandamento.

Dall'indagine è emerso che Musso avrebbe rapidamente scalato le gerarchie di cosa nostra fino a diventare il capo indiscusso del clan, tanto che durante la festa di quartiere e religiosa del Sacro cuore, lo speaker lo ha omaggiato dal palco mentre lui era affacciato al balcone del terzo piano dello stabile.

LE ESTORSIONI. Sono state documentate con intercettazioni diversi episodi di estorsioni ai commercianti, vessati e minacciati. Dalle indagini è emerso come i vertici della famiglia mafiosa esercitassero il ferreo controllo del territorio con il sistematico tentativo di imposizione del pizzo. Gli investigatori hanno ricostruito alcuni episodi.

Il titolare di un negozio di "Compro oro" non si era piegato alle richieste di pizzo. La vittima, infatti, sarebbe stata costretta a subire, in un primo momento, il danneggiamento della serratura della saracinesca che assicura l'esercizio e, successivamente, una rapina in casa durante la quale i malviventi hanno appiccato il fuoco all'abitazione costringendolo ad assistere e rivolgendogli ulteriori minacce.

LA FESTA DEL SACRO CUORE. L'evento religioso è stato trasformato in una festa rionale per racimolare soldi per il sostentamento degli affiliati e dei familiari dei detenuti mafiosi.
"L'episodio più eclatante è la capacità di condizionare una festa religiosa e la volontà di un parroco - ha spiegato il capo della Squadra mobile di Palermo, Rodolfo Ruperti, durante la conferenza stampa sull'operazione antimafia -. Il parroco è una figura ibrida che ha collaborato con noi solo dopo i fatti - ha aggiunto -. Cosa nostra gli ha chiesto una illuminazione particolare”.

Durante l’organizzazione degli stand della festa del quartiere gli inquirenti hanno scoperto che un venditore ambulante, che aveva allestito un punto vendita di bibite e panini a piazza Noce, per volere diretto dei vertici della famiglia, sarebbe stato costretto a rinunciare all'intero ricavato ed a consegnarlo agli emissari dell'organizzazione mafiosa.

La festa del quartiere serve a Cosa nostra ad ostentare il suo potere ma anche a dare un’occasione di vendita ai commercianti del quartiere per recuperare il denaro sborsato per il pizzo.

Il questore  di Palermo Renato Cortese ha commentato: “Nonostante il ridimensionamento di cosa nostra a Palermo, grazie alle diverse operazioni delle forze dell'ordine, c’è ancora una presenza di famiglie mafiose che tentano di estorcere denaro per feste di quartiere e religiose. Noi oggi abbiamo ripulito il quartiere da persone che estorcevano denaro. Oggi si respira alla Noce un'aria più pulita”.

SCOMMESSE E TRAFFICO DI DROGA.  “Le estorsioni servono in realtà a cosa nostra per l’assoggettamento e controllo del territorio. Oggi ad un commerciante si chiedono mille euro di pizzo domani si può chiedere di nascondere un latitante”, ha chiarito Cortese. Che ha poi lanciato un altro appello ai commercianti palermitani: “Denunciate gli estorsori. Oggi i commercianti non hanno alibi per pagare il pizzo. Il ‘picciotto' che tenta di estorcere denaro non ha un vero peso e calibro mafioso. Oggi i commercianti non si dovrebbero permettere più il lusso di pagare il pizzo. Sarebbe ora di dire basta. Dovrebbero venire da noi in questura a denunciare i fatti anche in maniera anonima senza aprire un verbale”.

 

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